C’è il marchio della Bordeline Films nell’esordio sulla lunga distanza di Josh Mond. James White è prodotto da Antonio Campos e Sean Durkin, e con Martha Marcy May Marlene condivide il punto di vista immersivo, teso a stabilire una relazione sensoriale tra corpi e occhio, e a giocarsi una parte del racconto tra rumore, suono e immagini convulse. Al netto di una convenzionalità “sundance” che dialoga spesso in modo didascalico con il cinema europeo, nei lavori della Borderline Films c’è una precisa attenzione agli aspetti più oscuri, disturbanti e ambigui del nucleo sociale, aspetto che colloca in una posizione di maggior interesse i titoli usciti da quella fucina, rispetto alle convenzioni di certo cinema indipendente americano.
James White è forse uno dei lavori più convincenti in questo senso, per la progressiva, incompromissoria e infernale vicinanza ai corpi che costituisce il principale motore di produzione del senso. Tanto che in questo racconto di formazione identitaria, si comincia in medias res con una sequenza ambientata in un club, dove i corpi sono confusi con il martello ossessivo delle bassline e il dispositivo visivo si manifesta per caratteristiche tattili anziché squisitamente scopiche.
Il piano sequenza non è semplicemente funzionale a definire lo stare a metà di James (Christopher Abbott) quanto la ricerca di un sentire che nella frammentazione urbana può manifestarsi solamente attraverso l’ostinato attaccamento alle radici come unica, disperata, possibilità d’amare in un contesto sociale polverizzato.
Josh Mond segue la relazione tra James e sua madre, durante la discesa della seconda nell’orrore del cancro, malattia che toglie e allo stesso tempo ridefinisce lo spazio affettivo di James, sempre più vicino alla donna, sempre più aderente al suo corpo che muta e si trasforma.
Al netto della forma “nervosa” e handheld del film, l’illusione di movimento perpetuo viene a un certo punto neutralizzata nel film di Mond dall’intensità fisica degli attori, possibilità di rilancio per questo piccolo ma stimolante film, nella direzione di una sincera e tragica esperienza che comincia e finisce nel corpo.