giovedì, Dicembre 19, 2024

Keeper di Guillaume Senez – Torino Film Festival 33: la recensione

C’è una sottile relazione tra l’esordio nel lungometraggio del belga Guillaume Senez e “La tête haute“, l’ultimo film di Emmanuelle Bercot distribuito nelle sale italiane da una settimana e già scomparso nel nulla. A dispetto delle differenti ambientazioni sociali, la scoperta di un sentimento paterno connette i protagonisti maschili dei due film attraverso un momento di appartenenza, con le giovani madri ormai fuori campo e gli adulti non sempre in grado di agevolare l’interpretazione della realtà.

Ma a differenza del film della Bercot, lo sguardo di Senez non marca stretto quel percorso di inserimento che dal rifiuto violento delle regole, approda al riconoscimento di un possibile ruolo sociale mediante un gesto di protezione; al contrario si avvicina con la stessa intensità alle vite di Maxime e Mélanie descrivendone sogni e desideri e sopratutto lasciando che siano i loro gesti a suggerire convergenze e contrasti, senza cercare una definizione univoca delle motivazioni che li muovono.

Con la collaborazione di Denis Jutzeler, direttore della fotografia per Alain Tanner dal 1993 fino all’ultimo “Paul s’en va” del 2004, Senez elabora l’immagine di un cinema intimo, che si serve dei dialoghi solo per abbandonarli nel riflesso dei volti e delle azioni, scegliendo un punto di vista adatto ad accogliere sentimenti anche contrastanti, come se si trattasse di uno spazio bianco da riempire.

Keeper non è chiuso in quella logica dardenniana tra pedinamento individuale e pressione del contesto sociale, ci è sembrato al contrario più libero nella sua semplicità e capace di collocare lo sguardo in una posizione possibile.

Maxime (Kacey Mottet Klein) è un adolescente di quindici anni, figlio di genitori separati conduce una vita simile a quella dei suoi coetanei ed è innamorato di Mélanie (Galatea Bellugi). La gravidanza della ragazza complicherà il rapporto tra i due, ma il modo in cui Senez si avvicina al loro cambiamento segue il movimento della scoperta senza ricorrere alle forzature di un racconto che deve spiegarci ogni snodo.

Proprio quando il dialogo si fa aspro, sopratutto nel confronto con la madre di Mélanie (Laetitia Dosch), intenzionata ad ostacolare la possibilità che la ragazza porti a termine la gravidanza, Senez sembra separare la resistenza oppositiva della parola dalla ricchezza di significati che il gesto si porta dietro. È una differenza percepibile durante tutto il film, dove l’amore di Senez per i suoi personaggi si manifesta attraverso la vicinanza all’uno o all’altra rispetto all’ambiente in cui si trovano.

Mentre il campo sportivo dove Maxime svolge gli allenamenti di calcio nel tentativo di imboccare la strada professionale che il padre desidera per lui, la distanza di Mélanie, ospitata in un centro per minorenni in stato interessante, viene rivelata attraverso le incertezze del ragazzo, il coinvolgimento fisico nella prassi sportiva e le continue distrazioni in attesa di una chiamata. Con una persistenza del gesto non dissimile, Senez stringe su Mélanie durante la serata in un disco-pub; è il preludio alla fuga della ragazza nel territorio materno, la cui incertezza rimane un segno indicibile sul volto mentre Maxime balla con gli amici e la sua condizione non le permette di fare lo stesso.

E se le differenze tra la madre di Maxime (Catherine Salee) e quella della ragazza sembrano contrapporre due modelli affettivi in contrasto, è l’assenza delle figure maschili a tracciare una linea che accomuna la necessità di proteggere e seguire i figli da vicino; un movimento che con altrettanta semplicità e onestà Senez riverbera sull’assunzione di responsabilità di Maxime. Mentre nei colloqui con l’assistente sociale il ragazzo non riesce a motivare in modo soddisfacente il suo desiderio di paternità, è il gesto impacciato e fragile del contatto che lo individua, rivelando lo stesso metodo di Guillame Senez con i suoi attori.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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