giovedì, Dicembre 19, 2024

La felicità è un sistema complesso di Gianni Zanasi: la recensione

Chissà che il risveglio di Enrico Giusti (uno straordinario Valerio Mastandrea) non sia proprio l’involucro di un film che ha tutto il disequilibrio e le associazioni libere dell’attività onirica, a partire dalla fotografia di Vladan Radovic, sempre in bilico tra l’attenzione alla luce che ha contraddistinto il lavoro dell’ottimo direttore della fotografia e il coraggio di spezzare i margini di quella stessa allure con improvvise sovraesposizioni, come quella bellissima e ancora una volta vicina alla dimensione del sogno, che vede gli adolescenti del film insieme a Giusti skateare verso la luce diurna che si mangerà tutti i contorni dell’immagine.

La felicità è un sistema complesso” oscilla quindi tra la definizione del racconto e la sua deriva in uno spazio mentale, spesso dentro una stessa inquadratura come quella che vede Battiston e Mastandrea seduti agli estremi opposti di un Kayak, con i giubbotti di salvataggio addosso e le acque di Riva del Garda che si distendono tuttintorno, immagine sospesa nel tempo come quasi tutti i personaggi del film, emersi da un passato che rimane quasi sempre fuori campo e che li coglie in quello stato di passaggio tra il desiderio e la vita.

Avinoam (Hadas Yeron) sbuca dal niente nell’appartamento di Enrico, mentre il fratello che avrebbe dovuto sposarla fugge dal futuro e scompare nella notte come risucchiato dal suo tempo. Al contrario Filippo (Filippo de Carli) e Camilla (Camilla Martini) sono brutalmente collocati in una realtà aziendale che non conoscono, pronti ad affrontarla con l’idealismo della loro età, mentre l’eredità famigliare rimane un modello garantito dalla certezza della morte e il potere economico si serve della purezza come un’icona svuotata. Zanasi al contrario cerca di cogliere quella stessa purezza nei volti dei suoi protagonisti, nella libertà del gioco, nel punto esatto dove la norma si spezza, non importa se questa viene rappresentata da un tuffo in piscina, durante un karaoke o da una partita di rugby, quello che sembra interessare al regista di Vignola è la differenza come traccia invisibile tra la superficie degli ambienti e la ricerca di una corrispondenza tra pensiero e azione. Il personaggio di Avinoam assume allora le caratteristiche di un traghettatore dall’una all’altra sponda, tanto è interstiziale il suo camminare sul bordo del mondo, mentre dorme per terra, tenta il suicidio, decide di preparare una torta di mele, oppure quando si trova ad aspettare un treno mentre Enrico la osserva dall’altra parte del binario, per uscire di scena con la stessa leggerezza con cui era entrata.

E se talvolta Zanasi rischia un simbolismo esplicito, come quando sostituisce una possibile notte d’amore tra Enrico e Avinoam con una levitazione dei corpi, ad ancorare i personaggi tra mente e corpo è la linea tracciata dallo stesso Giusti, interpretato con quelle caratteristiche che nel lavoro di Mastandrea si collocano sempre al confine tra astrazione e visceralità. Enrico tiene a distanza l’irrazionalità della vita con una logica che esplode a contatto con la semplicità del gesto, ma allo stesso tempo è capace di trasformare il reale in un gioco visionario, facendo moonwalking o ricombinando la lingua incespicante di Avinoam in una canzone surreale scritta per il film da Niccolò Contessa.

La Felicità è un sistema complesso è un film struggente e vitalissimo allo stesso tempo; segue il percorso ondivago dei suoi personaggi, veri e propri testimoni di una scrittura in formazione, mentre si arresta, riparte, si biforca oppure sfuma.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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