Tra biopic e docu-drama, il film di Alex de La Iglesia dedicato a Lionel Andrés Messi Cuccittini, centrocampista del Barcellona e capitano della Nazionale argentina, ripercorre le tappe principali della sua vita, dall’infanzia passata nelle strade di Rosario fino al suo crescente successo nella carriera calcistica.
Insieme ad un gruppo di testimonial illustri e ad altri legati alla vita quotidiana del calciatore, come per esempio il suo insegnante di matematica, la preoccupazione del regista spagnolo sembra quella di fotografare il santino del miglior giocatore di calcio attivo nel mondo.
De La Iglesia mette in scena una situazione forzatamente celebrativa riunendo amici d’infanzia, giornalisti, personaggi dell’ambiente calcistico, professori e allenatori, tutti riuniti nello stesso ristorante per raccontare i momenti più significativi della vita di Messi.
Su questa struttura di base oltre alle immagini di repertorio, gli home movies filmati dal padre e i frammenti televisivi delle cronache sportive, de La Iglesia ricostruisce gli episodi più rilevanti nella vita del calciatore utilizzando l’espediente della fiction, vero e proprio corpo estraneo di tutto il film.
Una distanza da Messi stesso che in parte si accorda con la personalità dello sportivo, paragonato più volte a Maradona per quanto riguarda il talento, ma diametralmente opposto al Pibe de oro dal punto di vista dell’auto-esposizione mediatica. Il risultato è quello di uno scivolamento totale nell’apologia forse per paura di raccontare gli aspetti più dolorosi e controversi della sua vita con quello sguardo lirico e sanguigno che certamente appartiene al cinema del regista spagnolo.
E se uno spunto come quello degli ormoni per la crescita somministrati a Messi bambino poteva permettere a de La Iglesia una possibile fonte di ispirazione per imprimere la sua zampata, questo non accade per una incomprensibile mancanza di personalità infusa al progetto, più vicino all’omaggio convenzionale che alla commistione vitale di registri, carburante principale nelle produzioni del regista spagnolo, da sempre disinteressato a qualsiasi senso della misura.
Messi come si diceva è un personaggio assente, come se fosse già morto de La Iglesia gli costruisce intorno un’aura mitica talmente maldestra da salvarsi solamente attraverso le belle immagini filmate in VHS dal padre del calciatore, piccolo racconto di formazione calcistica ancora vivo.