domenica, Dicembre 22, 2024

Mia Madre di Nanni Moretti, la conferenza stampa a Cannes 2015

Nanni Moretti, presente oggi in conferenza stampa a Cannes con tutto il cast e gli sceneggiatori di Mia Madre, ( leggi la recensione su indie-eye) il suo ultimo film in concorso a questa edizione del festival, ha risposto alle domande dei giornalisti presenti in sala, affiancato da Francesco Piccolo, Valia Santella, Giulia Lazzarini, Margherita Buy, John Turturro e Beatrice Mancini.

La prima domanda introduce la doppia natura del film, tra commozione e divertimento: “I miei film contengono entrambi gli aspetti – ha risposto Moretti – i primi e gli ultimi che ho realizzato contengono momenti dolorosi e anche divertenti, non è una strategia studiata a tavolino, è il mio modo di raccontare le persone

In una scena del film, dove Margherita Buy risponde ai giornalisti in una conferenza stampa, si parla del ruolo del cinema come mezzo per interpretare la realtà….

Come personaggio di Margherita io risponderò alcune cose, ma mentre rispondo penserò ad altro, non deve tener conto delle cose che io dirò. Quello che veramente penso, gliele dico in un secondo momento al bar. Io credo che il compito del cinema sia quello di fare buoni film, possibilmente innovativi e che non siano opere che ci fanno dire, questo film l’ho visto trecento volte, carino ma l’ho già visto tante volte. Credo che il compito del cinema sia questo, non penso che per fare buoni film ci siano argomenti privilegiati, di serie A rispetto ad altri di serie B, qualsiasi tema può condurre ad un brutto film e a un bel film.

L’ultima parola che si sente nel film, pronunciata dalla madre di Margherita e di Giovanni è “domani”. È una considerazione sul futuro? come vedi il futuro del cinema italiano e quello dell’Europa?

In quella risposta alla domanda di Margherita, in quel domani che pronuncia la madre non era mia intenzione pensare al futuro dell’Europa. Quasi tutte le interpretazioni sono ammesse, quasi. Questo è anche un film su ciò che rimane tra noi vivi, su questa terra, parla di quello che resta delle persone che se ne vanno e che muoiono. Il latino che la nonna insegna alla nipote, i ricordi che gli ex alunni di nostra madre hanno e che si trovano a raccontare a Margherita e a Giovanni, Margherita e Giovanni stessi che attraverso i racconti degli ex alunni della madre apprendono cose nuove, come se gli comunicassero qualcosa di sostanziale che forse era loro sfuggito, nonostante la vicinanza. Per quanto riguarda il futuro del cinema italiano, io sono contento che in competizione ci siano tre film italiani e altri in sezioni collaterali. Mi sembra che questo sia ancora il frutto di iniziative individuali legate a singoli registi e produttori, questa presenza importante a Cannes del nostro cinema non rappresenta un clima vero intorno al cinema italiano stesso; in Italia c’è sempre molta distrazione nei confronti del cinema, sia esso inteso come fenomeno industriale, che come fenomeno artistico.

Una domanda per John Turturro sul suo lavoro con Moretti

Ho amato molto lo script, mi ha commosso e mi è piaciuto molto lavorare sia con Nanni che con Margherita, un’esperienza notevole per me anche come persona

C’è molto di me nel personaggio di Margherita – ha aggiunto moretti – non ho mai pensato che il protagonista di questo film potesse essere un personaggio maschile, ho sempre pensato ad una donna e fin dall’inizio questa donna era Margherita Buy, c’è molto di me in Margherita mentre Giovanni è la persona che io vorrei essere e forse che anche il personaggio di Margherita vorrebbe essere.

Nel film c’è spesso uno stacco netto tra la realtà della finzione e quella più diretta, penso alla scena dove John Turturro si arrabbia e successivamente al passaggio sul letto d’ospedale dove è ricoverata la madre di Margherita e Giovanni. Inoltre, nel film sembra che i confini tra realtà e fantasia siano sfumati fino a confondere i due livelli…

Non c’è confusione tra realtà e immaginazione. Durante la sceneggiatura e le riprese abbiamo lavorato molto all’intreccio dei vari livelli della narrazione; c’è la realtà poi ci sono i sogni e i ricordi, le fantasie. Il tempo del film è il tempo dello stato emotivo di Margherita, in cui tutto convive nello stesso momento e in cui tutto ha la stessa urgenza; la preoccupazione per la madre, i problemi con la figlia, il dolore, i suoi ricordi, le emozioni e i sogni anche se alle volte lo spettatore mentre guarda una scena potrebbe non rendersi bene conto se si tratta di un sogno, della realtà o della fantasia. Questo mi fa piacere perchè il film è costruito molto su questa diversità di livelli. Riguardo alla scena tra lo sfogo di Turturro e la scena in ospedale con la mamma, c’erano in origine diverse altre scene nel mezzo; durante il montaggio sono voluto andare dritto alla scena in ospedale, dritto alla realtà, come ha notato lei

Nel film si dice che non esiste più la capacità di interpretare la realtà. Io ho pensato che sia esattamente l’opposto, per come riesce ad avvicinarsi alla realtà del lutto.

La conferenza stampa a cui partecipa Margherita, durante la lavorazione del suo film, è una conferenza stampa in cui si parla di un film politico, il personaggio di Margherita fa riferimento a quella realtà. Nel mio film ho affrontato tutto dal punto di vista delle emozioni, delle persone e dell’umanità di queste; il mio film è molto diverso da quello di Margherita, l’inadeguatezza a cui Margherita si riferiva in quella conferenza stampa, forse la mia stessa in questo momento, è un’inadeguatezza che si esprime rispetto a tutte le aspettative che ci sono su di lei. Quel film prende di petto la realtà in modo diverso dal mio, sono due conferenze stampa diverse, questa e quella del film.

Una domanda per gli attori; in cosa differisce la direzione degli attori, da Moretti a quella del personaggio di Margherita nel film?

Giulia Lazzarini: Margherita nel film è sempre aggressiva e sotto pressione. L’approccio di Moretti è diverso, personalmente mi ritengo fortunata, perché alla fine il mio contatto con Nanni, nello spazio che ho avuto, è stato intimo e delicato. Non sapevo cosa avveniva al di fuori del mio ruolo, e l’ho saputo solo quando ho visto il film. Sono stata fortunata perché in Marghertita ho avuto una compagna meravigliosa e sopratutto in Nanni un amico, non lo so, mi ritengo felice e fortunata per aver fatto parte di questo suo progetto, sopratutto con questo ruolo che mi ha legata a lui in modo affettivo anche se non ci si conosceva, non ci conosciamo molto e non ci frequentiamo. Attraverso di lui ho capito sua madre, ho cercato il più possibile di essere attenta e sensibile e mi sono trovata bene con lui; Nanni non ha mai forzato nulla, correggendo a poco a poco senza spiegare prima quello che voleva, attraverso i ciak io arrivavo a modificare e ad interiorizzare, considerato che provengo dal teatro dove il modo di lavorare si basa sulla costruzione e sull’appoggio. Ho dovuto rompere e smussare quell’appoggio.

Margherita Buy: forse avrebbe voluto essere come me sul set, ma non poteva farlo (ride). No, è stato molto bravo e molto gentile.

In relazione all’utilizzo della musica, in un ruolo importante ma non intrusivo….

Mi capita di decidere durante il montaggio di usare solo musica già esistente e di repertorio; mi è successo per il capitolo “in Vespa” di Caro Diario e per Aprile. Non spiego il perché, difficilmente teorizzo sulle mie scelte, ma ho capito che non volevo musica originale per il mio film, preferendo attingere a musica pre-esistente. Faccio difficoltà a spiegare il perché di certe scelte. Un piccolo esempio: spesso la macchina da presa si avvicina lentamente ai personaggi, questo era lo stile che dovevano avere molte scene; doveva esserci questo avvicinamento quasi impercettibile, sono scelte che si fanno e che poi non riesco a teorizzare facendo il teorico di me stesso.

Antonioni diceva che la sua caratteristica era quella di nascondersi dietro ad un personaggio femminile, il suo colpo di genio, oltre al lavoro meticoloso sulla regia, è stato quello di mettere al centro Margherita Buy….

Non ho mai pensato a me come protagonista di questo film, fin dall’inizio pensavo a Margherita Buy e mi interessava darle quella spigolosità e quel nervosismo, quel senso di inadeguatezza spesso affidato ai personaggi maschili dei miei film.

Cannes, che significato ha per lei essere ancora qui, e cosa si aspetta dal pubblico francese rispetto all’accoglienza che il film ha ricevuto in Italia?

Penso che nel pubblico francese, nel loro guardare un mio film e giudicarlo, credo che non ci siano interferenze di altra natura, interferenze che al contrario in Italia sono presenti. Qui o in altri festival internazionali, vedono un mio film e basta. Non si pensa anche al mio personaggio pubblico, alle mie posizioni politiche, alle interviste, al perché ne rilascio poche, a misurare il tasso di simpatia o di antipatia, di calore o freddezza verso i giornalisti. In Italia ci sono molti elementi in più quando si vede un mio film, qui si vede un mio film e basta.

Sulla collaborazione tra Turturro e Moretti

John Turturro: conosco Nanni da molto tempo…..

Moretti: si, ci siamo incontrati per la prima volta qui a Cannes, lui era presente al festival con il film “Illuminata” ed io con “Aprile”

John Turturro: Ho amato molto lo script, come dicevo. È stata una sfida eccitante, e penso di esser stato molto libero.

Moretti: mi piace in genere lavorare con attori che sono anche registi. Mi stimolava e rassicurava che John avesse avuto un rapporto con l’Italia, ha lavorato con artisti italiani, ha fatto un bellissimo documentario sulla canzone napoletana, sono alcuni dei motivi, oltre alla stima per lui come attore, che mi hanno spinto a chiamarlo

I livelli di realtà del film sono tanti e diversi, oltre alla morte, c’è anche quello di una realtà politica come lo sciopero, ma rappresentato come una fiction, un cinema che non ha più alcun impatto sulla realtà sociale, mentre c’è un passaggio forte ad un cinema dei sentimenti…

Volevo che il film che Margherita si trovava a girare fosse molto diverso dalla sua vita, innanzitutto non volevo che fosse un film alla Nanni Moretti, mentre Margherita vive una fase di incertezza volevo che il suo film fosse pieno di certezze. Mentre Margherita è insicura su tutto, volevo che il film fosse molto solido e strutturato a differenza di come lo sta vivendo lei. Non volevo che nel suo film ci fosse un riverbero, una eco dei suoi problemi privati, volevo che fosse completamente un’altra cosa.

Nel film c’è un dialogo che si riferisce alla collaborazione supposta tra Kubrick e il personaggio intepretato da John Turturro, puoi parlarci del tuo amore per Kubrick?

Il mio amore per Kubrick è quello di qualsiasi altro spettatore normale, voglio ricordare, non in questo caso, ma è importante ricordarlo, che alle volte Turturro ha aggiunto altri elementi al suo personaggio, ha letto la sceneggiatura e ha capito benissimo il personaggio, aggiungendo delle cose in maniera congrua. Alcune sono rimaste nel film. Per quanto riguarda Kubrick, volevo che ci fosse questo accenno ad un gigante del cinema, perché raccontato da lui facesse impressione, tutto qui.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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