giovedì, Dicembre 26, 2024

Mustang di Deniz Gamze Erguven: la recensione

Deniz Gamze Erguven e la sceneggiatrice Alice Winocour si interessano al contrasto della dimensione corporea con l'organizzazione sociale dello spazio, sviluppando il film attraverso continue effrazioni, violazioni del codice culturale e una relazione tra dentro e fuori che viene continuamente ribaltata. In Mustang il corpo diventa allora soggetto attraverso il riflesso che le cinque sorelle riverberano l'una sull'altra, osservandosi fuggire, spiando l'amplesso di alcune di loro, ritagliandosi uno spazio clandestino nel flusso della vita quotidiana

Si sente l’influenza del cinema “fisico” di Alice Winocour nell’esordio alla regia di Deniz Gamze Erguven. La regista francese, qui co-sceneggiatrice, ripercorre l’esperienza di Augustine in una storia di cattività che sostituisce la reificazione di un corpo irriducibile alla persistenza dei dispositivi ottici, con l’esperienza intersoggettiva del riconoscere se stessi attraverso una corporeità condivisa. Non è più la ribellione della carne o del corpo posseduto nelle stanze della Salpetrie, ma il rifiuto opposto ad un’egemonia culturale diversa da quella medico-scientifica occidentale, dove l’erotismo esplode al di qua degli ostacoli fisici imposti dalle leggi della tradizione religiosa.

Il piccolo villaggio sulla costa del Mar Nero nella Turchia del Nord che accoglie le giovani sorelle orfane, viene filmato dalla regista di origini turche nel pieno della rinascita estiva, con la spiaggia e la vegetazione tutt’intorno e le ragazze che giocano nel sole alla ricerca di un contatto fisico con i loro coetanei. È una brevissima parentesi, perché da questo momento in poi sarà la soggettiva famigliare ad imporre i ritmi della natura, in una progressiva incarcerazione del gesto al quale verranno applicati i segni di una cultura che ha perso la relazione magica con il corpo, mantenendo solamente l’architettura del potere.

Sempre più costrette ad esprimersi nello spazio angusto di una camera separata dal mondo, le sorelle giocano sfiorandosi, catturano i raggi del sole, ridefiniscono il loro itinerario di formazione identitaria attraverso l’apprendimento corporeo, vero e proprio trasduttore che le mette in comunicazione con la realtà esterna.

Deniz Gamze Erguven e la Winocour si interessano quindi al contrasto della dimensione corporea con l’organizzazione sociale dello spazio, sviluppando il film attraverso continue effrazioni, violazioni del codice culturale e una relazione tra dentro e fuori che viene continuamente ribaltata, fino ad elaborare una splendida sequenza di autodeterminazione dove la prigione diventa per le sorelle vero e proprio rifugio, per difendersi dal futuro che la famiglia ha immaginato per loro.

In Mustang il corpo diventa allora soggetto attraverso il riflesso che le cinque sorelle riverberano l’una sull’altra, osservandosi fuggire, spiando l’amplesso di alcune di loro, ritagliandosi uno spazio clandestino nel flusso della vita quotidiana. Come in Augustine, la Winocour scrive una sceneggiatura che scardina dall’interno la connessione tra sguardo e Voyeurismo sabotando continuamente l’atto dello spiarsi in una giostra di rimandi che convergono nello spazio di un destino condiviso. Tra tutti, lo sguardo testimoniale è quello di Lale (Gunes Sensoy), la minore delle sorelle. Ancora lontana dal riconoscimento della maturità sessuale, è spesso nella posizione del soggetto che dalle sbarre della camera osserva le sorelle fuggire oppure scomparire nel niente.

Distante dall’identificazione passionale vissuta da Sonay (Ilayda Akdogan), la sorella maggiore che riesce ad adattare il matrimonio coatto ai suoi desideri, Lale può ancora agire fuggendo verso un modello diverso, quello rappresentato dall’insegnante appena trasferitasi ad Istanbul (Bahar Karimoglu).

Mustang è un piccolo film dalla grande forza, completamente immerso nella dialettica tra corpo negato e corporeità come veicolo della propria storia. Se Alice Winocour, già al secondo film con il recente Maryland (Disorder), sta dimostrando attenzione peculiare ad un cinema fortemente influenzato da una visione “incarnata”, Deniz Gamze Erguven sembra declinarne gli stessi stimoli in una versione più ludica rispetto all’oscurità pulsante che si percepisce nei film della collega. È ancora troppo presto per capire quanto questa influenza sia frutto di uno scambio realmente reciproco, in ogni caso sono due autrici da tenere assolutamente d’occhio.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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