giovedì, Dicembre 19, 2024

Nausicaä della Valle del vento di Hayao Miyazaki: la recensione

Lunedí 5 Ottobre, a distanza di 31 anni dalla sua uscita in Giappone e a 28 dal quasi mitologico passaggio su RaiUno in 4 episodi, Nausicaä della Valle del Vento conquisterà finalmente le sale italiane, seppure solo per 3 giorni. La Lucky Red prosegue nella lodevole operazione, in linea con la forza tendenza ad eventificare la distribuzione cinematografica, di portare progressivamente nei cinema del nostro paese l’intero catalogo dello Studio Ghibli, riadattato e ridoppiato dopo essere stato confinato fino ai primi anni duemila a pochi passaggi TV e qualche uscita home video. Nausicaä, in particolare, pur non essendo ufficialmente il primo film prodotto dalla casa di animazione giapponese, è un titolo estremamente significativo, produttivamente e artisticamente, per quella che sarà la fortunata storia dello Studio e di Miyazaki, storia che proprio ultimamente si è affollata di interrogativi.

L’anno scorso infatti, dopo aver presentato Si Alza il Vento al Lido di Venezia, il grande regista ha annunciato il suo ritiro (salvo poi rivelare mesi dopo di star lavorando ad un corto in CGI) e la sua amata casa di produzione affronta da quel giorno un periodo di transizione da unirripetibile età dell’oro ad un futuro ancora non ben definito in mano ad una nuova generazione di artisti, già macchiato da voci di una possibile chiusura.

L’uscita del film ci permette quindi un malinconico salto indietro nel tempo: nel 1984 Hayao Miyazaki è reduce da una gavetta lunga due decenni nel mondo degli anime, prima tra le fila della colossale fucina di talenti Toei Doga, sotto la guida del maestro Yosuji Mori, poi da autore affermato per le serie animate di varie case di produzione (tra cui Heidi, Le Avventure di Lupin III e la sfortunata coproduzione RAI Il Fiuto di Sherlock Holmes). Incoraggiato dalla redazione della rivista Animage, il regista si dedica da qualche tempo ad una carriera collaterale di mangaka, pubblicando dal 1982 un fumetto su una principessa che, in un futuro post-apocalittico, lotta in miracoloso equilibrio su un aliante per mantenere la pace tra i bellicosi esseri umani e una natura resa mostruosa e irascibile dalle radiazioni di un antico e spaventoso conflitto atomico. Quando si è fatta strada l’idea concreta di tradurre in pellicola quelle vignette, anche grazie all’apporto produttivo della piccola Topcraft, Miyazaki si è trovato tra le mani, per la prima volta, la possibilità di dirigere un soggetto interamente suo e di scegliersi a piacimento la squadra di collaboratori. Il risultato sarà un successo di pubblico e soprattutto di critica, e come conseguenza diretta la Topcraft si trasformerà, nel nome e nei fatti, nello Studio Ghibli (Rif: Studio Ghibli – L’animazione utopica e meravigliosa di Miyazaki e Takahata, di E. Azzano e A. Fontana, Bietti Heterotopia 2015)

Se con gli occhi del 2015 alcuni movimenti all’interno delle tavole disegnate possono sembrare meccanici e antiquati, i tratti stilistici e l’originale universo tematico sono già quelli dell’autore maturo che ci strabilierà e appassionerà nel trentennio successivo. Nausicaä, forte protagonista femminile tenacemente dedita alla ricerca di soluzioni pacifiche, è l’archetipo dell’eroina miyazakiana: aggraziato incrocio visivo tra tradizioni del Sol Levante, suggestioni europee e divagazioni fantastiche, si dimostra combattiva ma allo stesso tempo dolce e incline alla meraviglia come saranno le varie Kiki, San, Chihiro, Ponyo etc. La profonda modernità del personaggio risulta ancora più lampante se messa a confronto con l’assoluta egemonia maschile e l’iperviolenza crepuscolare delle saghe di Akira e Ken il Guerriero, i due principali riferimenti coevi per l’animazione giapponese ad ambientazione post-atomica. I fantasmi del conflitto nucleare, che hanno traumatizzato l’immaginario nipponico del dopoguerra, si intrecciano in questo caso ad un sincero e complesso afflato ambientalista. Più avanti questo afflato mostrerà più chiaramente la stretta parentela con le credenze spirituali shintoiste, le quali comunque già riecheggiano in una sequenza di apertura, quella sulle leggende e le profezie del mondo di Nausica, che ha letteralemente fatto scuola nell’animazione fantasy.

Impossibile non citare anche l‘elemento tematico del volo, vera passione e fonte di ispirazione artistica del grande animatore, oltre che forma simbolica dei concetti di libertà e aspirazione all’elevarsi del genere umano: gli ampi cieli annuvolati, gli accuratissimi design delle navi volanti, l’aliante della protagonista cullato dalle correnti sono solo gli esempi più evidenti di questa onnipresenza tematica. Ma l’elemento aereo è fortemente ricercato e presente in ogni tratto grafico del film, ammantato di quella grazia fluttuante caratteristica di Miyazaki, capace di rendere leggiadro ed emotivo ogni personaggio, ogni ambiente, ogni sequenza: dai morbidi baffi dei concittadini della protagonista alle nebulose spore tossiche, fino alle fattezze delle creature più minacciose, rese così affascinanti e piacevolmente ipnotiche. Le numerose battaglie aeree tra tolmechiani e pejitiani, i giganteschi robot guerrieri e gli impressionanti insetti giganti, le sequenze nell’immaginifica giungla tossica mettono inoltre in evidenza la propensione da kolossal dell’immaginario di Miyazaki, troppo sterminato e magniloquente per accontentarsi dello schermo televisivo e perfettamente coadiuvato dalla prima di tante fruttuose collaborazioni col compositore Joe Hisaishi, all’epoca fortemente influenzato da synthrock e new wave.

A questo lungo eppure incompleto elenco di meriti artistici si sovrappongono le attuali, già citate, vicissitudini dello Studio Ghibli, che contribuiscono a rendere questa riedizione di Nausicaä della Valle del Vento un’occasione imperdibile di godersi al cinema il capostipite di un’epoca dell’animazione mondiale che sta inevitabilmente giungendo al termine.

 

Alfonso Mastrantonio
Alfonso Mastrantonio
Alfonso Mastrantonio, prodotto dell'annata '85, scrive di cinema sul web dai tempi dei modem 56k. Nella vita si è messo in testa di fare cose che gli piacciano, quindi si è laureato in Linguaggi dei Media, specializzato in Cinema e crede ancora di poterci tirare fuori un lavoro. Vive a Milano, si occupa di nuovi media e, finchè lo fanno entrare, frequenta selezioni e giurie di festival cinematografici.

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