Rabin, the Last Day di Amos Gitai – Israele, Francia, 153’ Ischac Hiskiya, Pini Mitelman, Michael Warshaviak, Einat Weizman, Rotem Keinan, Yogev Yefet, Yael Abecassis
Il 4 novembre 1995, al termine di un comizio a Tel Aviv, Rabin viene ucciso da Ygal Amir, un colono ebreo estremista. Rabin, the last day di Amos Gitai, racconta l’episodio che ha cambiato la storia recente di Israele, cercando di analizzare, tra documentazione d’archivio e “finzione”, i fattori e le cause che portarono all’assassinio del premio nobel per la pace Yitzhak Rabin.
Rabin, the Last Day di Amos Gitai la conferenza stampa a Venezia 72
Il regista Amos Gitai, apre la conferenza stampa a Venezia 72 chiedendo a tutti i partecipanti di alzarsi in piedi per un minuto di silenzio in ricordo di tutte le vittime del conflitto arabo-israeliano
Rabin, the last day, si chiude con una affermazione forte: dopo l’uccisione di Rabin in Israele niente sarà più come prima.
Risponde il regista Amos Gitai. Come prima cosa voglio ringraziare il festival di Venezia per aver messo in concorso questo film. Vorrei ringraziare anche tutti quelli che hanno contribuito alla realizzazione di questa pellicola.
Il destino di Israele è mutato con l’omicidio di Rabin. Il nostro compito è quello di preservarne la memoria. In un presente così oscuro, avere delle figure di riferimento dal nostro passato è importante.
Il film lascia molte domande aperte. Troppe cose non funzionarono quella notte, che idee vi siete fatti sull’assassinio di Rabin e sulle ipotesi di complotto?
Risponde Amos Gitai, non so perchè le cose non hanno funzionato il 4 novembre 1995, penso che non ci sia stato un complotto per l’uccisione di Rabin, come sostiene l’estrema destra israeliana.
Il clima del paese era avvelenato dai settori dell’ultra destra israeliana che tentavano di destabilizzare Israele. Hanno immense responsabilità in quello che è successo.
Vorrei chiedere ad Amos Gitai, come è riuscito a fondere materiale di archivio e finzione in questo film?
Questa era la grande sfida di questo film.
Rabin aveva una sorta di aurea carismatica che lo circondava. Rappresentava una politica retta. Era una persona semplice, viveva in un appartamento di 90 mq in maniera relativamente modesta.
Dal punto di vista narrativo è stata una sfida complessa oscillare tra presente e passato, il film guarda al passato ma si conclude nel presente. E’ stato difficile ricomporre questo periodo così difficile per la storia di Israele.
In Rabin, the last day, sono rimasto colpito dalla scena in cui si confondono armi con i libri religiosi ebraici tra i coloni israeliani estremisti.
Israele è un progetto politico. E’ il risultato delle sofferenze subite per secoli dagli ebrei. Non deve diventare un progetto religioso.
Gli ebrei volevano una loro terra. Questa ispirazione, politica, dovrebbe rimanere tale. Israele non dovrebbe mai diventare un progetto religioso perchè altrimenti si rischia di perdere il contatto con la realtà. Raccomando ai politici israeliani di restare su un piano esclusivamente politico, senza cedere all’estremismo religioso. E’ necessario stabilizzare Israele riconoscendo gli altri, senza ignorarli; questo è il testamento politico di Rabin.
Non voglio commentare il film scena per scena, occorrerebbe troppo tempo. Ma posso dire che non c’è nulla di inventato.
Anche le scene girate negli insediamenti sono basate su fatti reali.
Spero che questo film lasci un segno nella mente degli spettatori e li inviti ad una riflessione.
Con questo film continua a lavorare sulle problematiche legate al medio oriente, quale futuro intravede?
Penso che Rabin avesse ragione quando dopo essere stato eletto, ha deciso di affrontare il conflitto con i palestinesi per ricercare la pace.
Israele è anche la terra dei palestinesi.
La questione palestinese è la questione fondamentale e principale che Israele deve affrontare.
Non bisogna essere ingenui, alcuni politici mediorientali non hanno buone intenzioni ma Rabin le aveva. Non è possibile far pace in modo unilaterale, bisogna sempre considerare anche il punto di vista degli altri.
Oggi non stiamo vivendo un bel momento. Quello che posso fare, come regista, è quello di parlare della società, darne una lettura, non servirà a cambiare il mondo ma è l’unico strumento che ho a disposizione.
Dov’è l’assassino di Rabin oggi, che fine ha fatto?
Per qualche strano motivo la società israeliana è stata molto generosa nei confronti di questa persona (Ygal Amir). Ha fatto un figlio in carcere e tra 4-5 anni probabilmente sarà libero. Ma in Rabin, the last day, non volevo metterlo al centro del film, è stato solo il braccio. I responsabili sono quelle forze politiche che hanno gestito una campagna di odio per destabilizzare la società israeliana e far cadere Rabin e le idee che rappresentava.
Il film mostra una società israeliana divisa, c’è, secondo lei, un rischio di guerra civile?
Non vedo rischi di guerra civile in Israele, risponde Amos Gitai.
L’aspetto che più mi preoccupa è lo scivolamento dell’opinione pubblica verso idee che sono favorevoli al restringimento dei diritti civili delle minoranze. Mi sembra che l’opinione pubblica israeliana stia scivolando verso posizioni molto pericolose, di chiusura verso il resto del mondo. Amo Israele e mi preoccupo molto per questa deriva.
Perchè dice che l’estrema destra sostiene la teoria del complotto
E’ la realtà, è un fatto – risponde il regista Amos Gitai in conferenza stampa a Venezia 72.
L’estrema destra vuole negare di aver spinto verso l’omicidio. L’estrema destra ha avuto un grande ruolo nell’omicidio di Rabin e dovrebbe farsene carico.