Sicario in incognita e normale padre di famiglia alla luce del sole, Schneider accetta l’incarico di ammazzare uno scrittore chiamato Bax, ritiratosi su un bungalow in riva ad uno stagno. Scelto il punto dove appostarsi, tra le canne dell’acquitrino, quella che poteva essere una facile impresa si trasforma in un susseguirsi di colpi di scena e di imprevisti deturnanti, che ritardano sempre il compimento dell’esecuzione. Dalla figlia della vittima designata, fino all’arrivo di una coppia sgangherata, il nuovo film dell’olandese Alex Van Warmerdam si gioca tutto intorno ai difetti di sincronizzazione, all’inceppo del meccanismo, alla comicità quasi slapstick che nasce dall’equivoco e dal tracimare dell’assurdo nel probabile.
Dopo l’acclamato Borgman Van Warmerdam torna a giocare con i generi, esasperando il dispositivo della commedia degli equivoci e rilanciandola ogni volta come un gingillo ad orologeria che segna il tempo sbagliato e deborda altrove, a causa di difetti e fallimenti.
Allo stesso tempo, il regista olandese, pur insistendo sulla distruzione di qualsiasi forma di sviluppo narrativo, dimostra una rigorosa capacità di controllo sulla divisione geometrica degli spazi dove Bax agisce. È proprio grazie a questa simmetria, in aperta contraddizione con la furia distruttiva dell’impianto surreale, che riesce a mantenere viva la tensione, evidenziando così un contrasto perturbante.
È un cinema, quello di Warmerdam, assolutamente divertente dal punto di vista delle situazioni, piccoli bozzetti di follia quotidiana, ma forse un po’ troppo freddo nell’elaborare un anti racconto, che proprio a partire dai suoi guasti esibiti, diventa al contrario un gioco di stile basato sull’iterazione di un meccanismo sin troppo pensato.