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Short Skin di Duccio Chiarini – Venezia 71, Biennale College

Duccio Chiarini con Short Skin ci racconta un percorso di crescita. Un esemplare “viaggio dell’eroe” che da un mondo ordinario si districa in varchi di soglie critiche, trascina il personaggio in prove ardue che si popola di nemici e alleati, in cui i mentori sono una prostituta e un dottore bonario e in cui il traguardo ultimo è il passaggio dall’età adolescenziale a quella adulta, tutto nella serena e familiare cornice del lungomare toscano. Un arco di trasformazione del personaggio che qui viene sancito dalla definitiva perdita della propria verginità; il vero e proprio varco di quella soglia di carne.

Ma la meta non conta, perché ciò che Edoardo in realtà affronta è un lungo percorso verso la consapevolezza, la presa di coscienza di quegli inevitabili ostacoli di cui è piena la vita, ed in cui la soluzione al problema verrà solo affrontando le proprie paure; tra cui quella per l’operazione chirurgica risolutiva risulta solo l’ultimo tassello di un mosaico molto più intricato, per la costruzione della propria identità.

Chiarini infatti utilizza un escamotage: l’anomalia del prepuzio del protagonista, impedimento ai rapporti sessuali, al semplice ed efficace scopo di materializzare quell’ostacolo mentale. È la metafora resa corporea. L’ostacolo fisico coincide con i dubbi, le paure e le incertezze tipiche di quell’età a cavallo tra i due stadi di crescita. E questa concretizzazione sembra rendere più cosciente il tormentato Edoardo delle inevitabili scelte e del suo ruolo nel mondo. L’handicap diventa quindi punto forza rispetto ai “normali” coetanei, persi nel loro immaturo rapporto col sesso.

Ma la trama si arricchisce anche di paralleli speculari che ne rafforzano la storia portante. È il confronto tra la figura adulta e adultera del padre e quella tenera e irreprensibile del figlio. Un modo per dire che crescere, maturare, non va solo di pari passo con la perdita della verginità, ma è prima di tutto uno sviluppo interiore, che si caratterizza per l’acquisizione di solidi valori etici, il rispetto degli altri e l’amore sincero per i propri affetti. Ed Edo adulto lo è già, non importa quel semplice ostacolo di carne, quel difetto tutto sommato trascurabile in un animo già consapevole e maturo per affrontare una vita all’insegna dell’onestà e dei buoni sentimenti.

Ma anche lo speculare tentativo di far accoppiare il cane a tutti i costi. «Non importa con quale cagnetta, basta che trombi» dice la sorella Olivia. Ma per Edo è diverso. Egli rifiuta il sesso facile con la prostituta, il rapporto occasionale con una ragazza disinibita, ciò a cui punta è la persona giusta, assicurarsi che valga la pena soffrire per una donna che si ama realmente.

Quello del protagonista è insomma un percorso interiore ed esteriore che lo porterà fino al distacco. Trovando il coraggio di lasciare la propria terra, la famiglia, il sicuro guscio casalingo e affrontare la vita, da solo, finalmente adulto.

Quella di Chiarini è una regia pulita, impeccabile, in cui si percepisce chiaramente il lungo ed empatico lavoro con gli attori. Un umorismo che non scade nel facile spirito goliardico, ma che è capace di dosare intelligentemente le situazioni farsesche, come nella scena in cui il dramma del litigio dei genitori è smorzato dalla comica scena del polipo.

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