In quella striscia fuori dal controllo della legge che separa il Messico dagli Stati Uniti, Kate, agente dell’FBI con uno spirito idealista (Emily Blunt) viene assunta dall’ufficiale di una task force governativa (Josh Brolin) per offrire il suo supporto nella lotta contro il traffico di stupefacenti. Guidato da un consulente dal passato discutibile (Benicio del Toro) il team affronta un viaggio clandestino forzando Kate a mettere in discussione i limiti consentiti per garantire la propria sopravvivenza.
La scoperta di una casa della morte gestita da un cartello Messicano, metterà a dura prova la donna, portandosi dietro conseguenze personali e globali. Anche se Kate cerca di convincere se stessa che affrontare tutto questo sia per un fine giusto, viene introdotta nel cuore più oscuro di una battaglia segreta che coinvolge cartelli fuori legge, criminali assassini, spie americane clandestine e migliaia di persone innocenti.
È una breve sinossi di Sicario, l’ultimo film di Denis Villeneuve (Politecnique, La donna che canta, Prisoners, Enemy) in uscita nelle sale italiane il prossimo 24 settembre. Scritto dal texano Taylor Sheridan, conosciuto maggiormente come attore, il film si basa sull’idea dello stesso sceneggiatore che il Messico non esista più, ma sia un luogo senza legge: “non ricordo di aver visto produzioni recenti che raccontano cosa sia diventato il Messico – dice Sheridan nelle note stampa allegate al film – è ormai un paese dominato dalla corruzione e dal traffico di stupefacenti, da cartelli militarizzati, e dalle modalità con cui il governo degli Stati Uniti è sceso a patti con questo contesto”
E per Denis Villeneuve, Sicario è in parte un film che parla di fantasmi: “la vecchia idea che il Nord America sia in grado di risolvere i problemi più violenti del mondo in forma efficiente e invisibile, un tempo poteva essere un pensiero confortante, ma il mondo sembra esser diventato molto più complicato e gli eroi non hanno le mani pulite. Gli eroi devono affrontare dilemmi morali di estrema difficoltà, quelle scelte da compiere quando ci confrontiamo con il male. Fino a dove possiamo spingerci per fermare i cartelli? Possiamo fermarli senza diventare come loro?”
“Questo film – racconta Josh Brolin – è un mistero umano, che è necessario afferrare e risolvere da soli, è un vero e proprio puzzle emozionale”
“Penso che il film si ponga delle domande senza offrire alcuna risposta – dice Villeneuve – viviamo in un periodo molto più confuso di altri, proprio per questo ero attratto dal progetto; dopo Prisoners ho letto molte sceneggiature, personalmente sono uno scrittore molto lento ma ne ho lette moltissime; quella scritta da Taylor Sheridan mi ha colpito moltissimo, da tempo ero interessato a qualcosa che si occupasse dei confini tra Messico e Stati Uniti, quando ho letto la sceneggiatura ho pensato che avrebbe dovuto essere il mio prossimo film”
Sui possibili riferimenti visivi di Sicario è stato chiesto più volte a Roger Deakins a chi si fosse ispirato per le immagini, il direttore della fotografia ha citato in varie occasioni Jeanne Pierre Melville: “perché il suo cinema mi ha ispirato sempre molto, quindi anche se Sicario è molto diverso rispetto ad un gangster movie, ho pensato in parte a quel tipo di mood nel seguire i personaggi nelle scene di azione, gran parte di quelle sequenze tra l’altro, sono state girate con una sola camera”
Proprio da un punto di vista cinematico, Villeneuve ha detto di sentirsi molto vicino al film: “l’ho realizzato in totale libertà, senza alcun compromesso, è un film che sento molto vicino al mio modo di fare cinema”
Sul fatto che il film punti tutto su un personaggio femminile, Villeneuve ha spiegato che allo sceneggiatore, prima ancora che lui si associasse al progetto, era stato chiesto più volte di cambiare gli elementi in campo, così da spingerlo sempre di più ad optare per un personaggio maschile: “quando sono stato coinvolto nel progetto, non ho voluto cambiare niente, ero assolutamente convinto sulla centralità del personaggio femminile”
“Il mio personaggio non è monodimensionale – spiega Emily Blunt – è tosto, duro ma non si tratta di affidarle una categoria così stringente, credo che Kate sia una persona vulnerabile costretta ad affrontare una questione morale e a confrontarsi con essa in modo molto intenso, non ho cercato in questo senso di renderla più mascolina, ho parlato con agenti FBI e sono molto simili a me, quando tornano a casa guardano Gosford Park; da parte mia ho cercato di andare a fondo indagando intimamente cosa significhi essere una donna poliziotto”
Villeneuve ha sottolineato più volte il fatto di aver cercato di ottenere il meglio dagli attori: “anche in questo senso è il mio film migliore, non lo dico per il film in se stesso ma perché come regista sono arrivato fino a dove volevo arrivare”
Lo stesso Deakins, parlando del tono scelto per la fotografia, ha detto che lavorare su Prisoners l’aveva reso molto più teso, per l’oscurità esplicita del tema e per il rischio che la fotografia sconfinasse dove non doveva, ovvero nei territori del gotico: “con Sicario ho mantenuto un tono molto più realistico, senza esagerare da una parte o dall’altra, sono una persona molto semplice e mi piace mantenere le cose ad un livello reale”
Sull’interesse di Villeneuve per il tema, il regista canadese ha più volte detto che la violenza consumata sul confine tra Messico e Stati Uniti è conosciuta da tutti: ” come cittadino nord americano so di avere una parte di responsabilità per questa violenza, una violenza coperta dal silenzio. La violenza in se stessa è orribile, ma il silenzio sugli atti che la generano è ancora peggio; come regista ho sentito la responsabilità di abbracciare quella realtà, il film non è sul Messico in fondo ma sull’America, un punto di vista che conosco bene; so che ci sono film messicani molto potenti come Heli di Amat Escalante e dovrebbero essercene di più su quella realtà; le persone hanno molta paura, e questo mio interesse viene dal cuore.”