Uberto Pasolini, produttore di Full Monty, il maggior successo commerciale inglese di tutti i tempi, passato alla regia con Machan, opera prima di sorprendente onestà e rigore formale nelle Giornate degli Autori di Venezia 2008, torna nella sezione Orizzonti di Venezia70 con una comedy-drama tra fantasia e realtà, per raccontare la storia di John May (Eddie Marsan) impiegato comunale che sembra uscito dalle pagine di Gogol passando per Watanaba, impiegato della “sezione civili” del Comune di Tokyo del grande Kurosawa di Vivere.
John May ha un ruolo che ha sempre svolto con meticolosa precisione nel Comune di Londra in cui lavora: trovare parenti o amici dimenticati di persone morte in solitudine.
Con l’inseparabile borsa di cuoio da impiegato di concetto e il soprabito grigio antracite di sobria eleganza, si muove compassato e partecipe nei defatiganti andirivieni per organizzare il post-mortem dei suoi “assistiti”.
Il suo non è un lavoro, è una missione, è fare qualcosa che, nella piccola e semplice mente dell’uomo, suona come dovere morale, estremo atto di umana pietà da cui mai derogare: dare un funerale dignitoso al defunto e che non vada da solo al cimitero. Purtroppo si troverà sempre ad essere lui l’unico accompagnatore, nonostante gli sforzi profusi nella ricerca dei vivi e nella cura del cerimoniale per accompagnare il morto, estesa anche alla scelta delle musiche adatte alla circostanza.
Il prete che lo guarda perplesso dal pulpito sembra si chieda cosa ci fa quel tipo laggiù fra i banchi, ma poi indifferente riprende il suo messale e legge il discorso di commiato ben confezionato da May.
Ma le cose inesorabilmente cambiano, e sarà la crisi economica che non guarda in faccia neanche la morte costringendo a tagli spietati fra il personale, sarà che tanta dedizione ai morti suona come capitolo in perdita nel bilancio comunale (“Un morto è un morto” dice il capufficio che ha il dono della sintesi), fatto sta che i superiori di May trasferiscono l’incarico ad altro ufficio dichiarandolo in esubero.
Ma John May è uomo tutto d’un pezzo, neanche la pensione basta a guarirlo dalla sua spinta umanitaria, fuori luogo e tempo massimo per gli altri, ma non per lui. Dunque si propone al capo per un ultimo incarico fuori servizio: dare dignitosa sepoltura a William Stoke detto Billy, il vicino mai frequentato e morto solo come un cane. Sarà l’occasione della sua vita. Le sue peregrinazioni alla ricerca di famigliari e amici gli apriranno orizzonti mai visti prima, di cui fa parte anche una figlia abbandonata di Billy, Kelly (Joanne Froggatt) che risorge dal passato in una qualche cittadina dell’hinterland londinese, di quelle che stringe il cuore solo vederle. Lei vive lì sola e si occupa di cani.
L’incontro con May, superate le timidezze iniziali e reciproche, potrebbe aprirsi a future prospettive se il caso, come sempre cinico e baro, non intervenisse. Ma non importa, serviva un finale che approdasse definitivamente nella fiaba, e così Pasolini ne confeziona uno di leggerezza e grazia smaglianti. Eddie Marsan sembra nato per un ruolo del genere, non c’è un centimetro di lui che non sia John May, ma questo capitò anche con il grande Takashi Shimura, il travet Watanaba di Vivere. Essere grandi attori nelle mani di un buon regista, l’alchimia è tutta lì. La colonna sonora di Rachel Portman fa il resto.