lunedì, Novembre 25, 2024

Symptoma di Angelos Frantzis – Torino Film Festival 33: la recensione

Quarto lungometraggio per il greco Agelos Frantzis, come gli altri condotto sul filo sottile tra improvvisazione e scrittura in una forma vicina al Lanthimos di Kinetta. Lo sfondo fantastico e allegorico torna anche per questo titolo con una modalità maggiormente simmetrica, ma conservando lo spirito enigmatico e irrisolto delle opere precedenti. In un’isola dalla collocazione incerta compare una figura misteriosa vestita con un giubbotto di pelle e una strana maschera rituale plasmata sulla testa di un insetto. L’oscura presenza rappresenta una minaccia per la piccola comunità che abita il luogo, mentre sembra trasmettere una fortissima energia erotica percepita solo da alcune donne. L’unica che in qualche modo riesce ad aver la meglio sull’influenza nefasta della creatura mantenendo uno spirito razionale e guerriero è una giovane (Katia Goulioni) che si incarica di guidare la rivolta.

Frantzis filma discariche, luoghi dove la natura finisce e comincia il cemento, collocando il corpo performativo sempre al centro di spazi tra il fisico e il metafisico avvicinandosi molto ad Attenberg di Athina Rachel Tsangari, ma con una minore intensità per quanto riguarda gli elementi performativi, troppo poco intensi e già visti per spezzare davvero la membrana tra rappresentazione e libertà.

Ad appesantire questi aspetti, una parte centrale del tutto esplicativa dove la stessa comunità viene filmata durante una normale cena all’aperto in un contesto molto diverso da quello in cui si svolge tutto il film. È una separazione netta tra sogno e realtà che viene ripetuta in modo esplicito un paio di volte e che in questo caso assume la responsabilità “concettuale” alla base di tutta l’operazione, documentando una discussione che verte sul difficile equilibrio tra etica e istinto, e su quanto la sopravvalutazione della gioventù abbia fatto emergere solo gli aspetti più distruttivi per l’intera società.

Con questo livello di lettura Frantzis crede di lasciarci la libertà di interpretare un film pieno di segni, elementi allegorici, surrealtà poco incisive, che ancora una volta ci raccontano quanto certo cinema greco sia ormai intrappolato in una formula sempre uguale a se stessa e al confine con un’insopportabile disonestà di fondo.

Redazione IE Cinema
Redazione IE Cinema
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