Nell’ultima produzione indipendente di Barry Levinson, basata su un romanzo di Philip Roth, Al Pacino interpreta un grande attore teatrale sulla via del tramonto, che perde la sicurezza nelle proprie capacità e la voglia di recitare. Ecco la conferenza stampa a Venezia 71 dove hanno partecipato Levinson e Pacino:
Signor Pacino, è la prima volta che lei, dopo aver letto un libro ha deciso di sua spontanea volontà di farne un adattamento cinematografico. Cosa l’ha spinta verso questa scelta?
Al Pacino: Quello del protagonista è un mestiere che io stesso faccio da molto tempo. è qualcosa che fa parte di me. Ciò che mi ha molto affascinato è il misto tra commedia e tragedia che caratterizza questo dramma. Ho contattato Barry dopo aver letto il libro e lui dopo aver accettato ha scritto una sceneggiatura, che si basa su di esso ma è molto diversa, come succede spesso negli adattamenti. È stato bravissimo e nel film è riuscito a riportare perfettamente quel contrasto tra tragedia e commedia.
Come avete lavorato sul set?
Al Pacino: Non abbiamo fatto molti take per scena, anche perché eravamo in una situazione da guerriglia, abbiamo completato il film in venti giorni di riprese. Ciò non significa che abbiamo trascurato gli aspetti importanti, perché in realtà c’è stata una lunga preparazione che ha preceduto le riprese. Dall’idea al progetto finito sono passati quasi 2 anni. Abbiamo girato nello spazio tra un progetto ed un altro, mentre facevamo altre cose e partecipavamo ad altri lavori, senza pressioni, in modo rilassato. Lo spirito era questo, ed ha dato il tempo ad entrambi di controllare cosa non andava e quindi di correggerlo.
Come descriverebbe il suo personaggio?
Al Pacino: Può essere descritto in molti modi. Ha similitudini con tutti noi, sente di aver perso tante opportunità, sta invecchiando e i sentimenti verso il suo lavoro svaniscono. Cerca di compensare in qualche modo ma diventa confuso e scivola in un panico che gli genera una profonda depressione. Gli attori da palcoscenico sono vulnerabili , poiché devono spesso ripetere la stessa parte molte volte. Questo logorio della ripetizione, si lega ai drammi della vita, al successo e all’insuccesso, sono condizioni attraverso le quali passiamo tutti, e Simon ancora di più poiché è un attore. Credo che Barry sia riuscito bene a rendere questa crisi drammatica anche in chiave comica, a questo proposito credo che la scena chiave del film sia all’inizio quando Simon prende in mano le due maschere tragica e comica e le unisce.
Quanto si è ispirato alla sua vita personale per interpretare il personaggio di Simon? E cosa pensa riguardo al rifiuto di Simon di lavorare per spot pubblicitari e di partecipare a film commerciali?
La lotta all’anonimato, in questo siamo vicini, è un qualcosa che si capisce solo quando lo si perde, anche se lui per ottenerlo si ritira nella sua proprietà lontano da tutti. Il mio personaggio ha dei rimpianti, io non credo di averne, soprattutto se ripenso alla mia vita e da dove provengo. Credo di essere stato molto fortunato, e penso che l’aereo della mia carriera non stia atterrando. Per quanto riguarda gli spot pubblicitari, fanno parte della nostra vita di attori. L’idea è che per continuare a fare film che ti attraggano e per andare avanti è necessario fare soldi, se si può dire. I film commerciali invece con me non funzionano. Non mi sento a mio agio; se porto avanti un progetto, questo è qualcosa che desidero fare e che il regista desidera fare, e anche se richiede grandi sforzi li compio volentieri. Altrimenti mi chiedo dove sia il senso di un lavoro come il mio.
The humbling di Barry Levinson, Usa, 112′, Al Pacino, Greta Gerwig, Nina Arianda, Barry Levinson, Dianne Wiest, Charles Grodin
Siossi:
Nell’ultima produzione indipendente di Barry Levinson, basata su un romanzo di Philip Roth, Al Pacino interpreta un grande attore teatrale sulla via del tramonto, che perde la sicurezza nelle proprie capacità e la voglia di recitare. Una presenza femminile molto particolare riaccenderà la sua passione, portandola ad estreme conseguenze.