Toglie il fiato e commuove veder comparire quasi alla fine di She’s Funny That Way, Jennifer Jones nella parte di Cluny Brown in quella sequenza memorabile dove Charles Boyer le dice “Nessuno può dirti qual è il tuo posto“; uno degli infiniti rispecchiamenti presenti nell’ultimo film di Peter Bogdanovich e che attraversano verticalmente l’amore per il cinema classico e tutta la filmografia del regista americano.
Non solo la commedia Lubitschiana quindi, ma anche i volti del suo cinema, tra piccole parti e fugaci apparizioni (da Tatum O’Neil a Cybill Shepherd fino a Joanna Lumley) che tengono al centro il Cinema come unico spazio possibile, tra vita e illusione, ombre e colori, immagini nostalgicamente lontane ma anche vivissime.
Risiede nel mezzo la forza di Bogdanovich, ovvero in un’idea di cinema che è rutilante come l’amore e la vita. Quando recupera il delirante movimento della commedia americana, da Lubitsch a Preston Sturges, lo fa con una freschezza che non diventa mai un rituale celebrativo, ma un’applicazione del ritmo e della perfetta cronometria screwball alla promiscuità della vita.
Quello di Bogdanovich non è troppo diverso dallo spirito del romanticismo scandaloso di Elinor Glyn, la scrittrice inglese che vive nuovamente attraverso Joanna Lumley in Cat’s Meow, l’ultimo film per il cinema del regista americano prima di questo, realizzato più di dieci anni fa. Bogdanovich usa la forza delle convenzioni più riconoscibili per dar fuoco ad una miccia di incredibile vitalità che in fondo ha lo scopo di arrivare dritta al cuore e di stemperare i conflitti della vita, legati sopratutto ai sentimenti, in una feconda, divertente e saggia promiscuità come si diceva, perchè la felicità se c’è, è un’immagine fugace come quella del cinema.
Imogen Poots interpreta Isabella, attrice che apre il film con un racconto-confessione sulla sua vita passata, quando faceva la prostituta e sognava di cambiare il suo destino. Questo arriverà da uno dei suoi clienti, dietro l’identità di un regista di Broadway interpretato da Owen Wilson che le regala del denaro affinché possa usarlo per migliorare il suo futuro, di li a poco concretizzato da un provino proprio per la sua compagnia che sta preparando uno spettacolo in città. Quando il regista la vedrà arrivare d’improvviso si innescherà la classica reazione a catena, fatta di equivoci, combinazioni asincrone, ritmo forsennato, agnizioni e rivelazioni, porte girevoli che lanciano i personaggi in una giostra di situazioni dalla forza positiva.
Su questa divertentissima impalcatura Bogdanovich esce miracolosamente come tutto il suo cinema dai rischi della maniera consegnandoci un film che avrebbe potuto dirigere un ventenne, un vero e proprio miracolo se si considera che Woody Allen in tempi recenti più che per la vita sembra essersi preoccupato di disfunzioni erettili, proprio in un film che sembra il rovescio di questo.
She’s Funny that way è delirante, scanzonato, scorretto ma sempre vivo, dove la relatività delle relazioni e la possibilità che tutto nella vita possa prendere una piega inaspettata accoglie lo spettatore in un mondo interiore fatto su misura come quello della sala cinematografica. E se il mito, la leggenda, il racconto che cancella il confine tra menzogna e verità sembra il carburante che fornisce energia al linguaggio affabulatorio di Isabella, questo diventa credibile proprio quando amplifica eventi e situazioni, perchè legittimato da quell’allucinazione consensuale che ogni volta ci salva la vita.