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We Are The Best di Lukas Moodysson a Venezia 70: punk a bassa intensità

Bobo e Klara vivono nella Stoccolma del 1982, hanno 13 anni ed un pessimo rapporto con gli standard femminili da cui sono circondate. Non si truccano, sfoggiano tagli di capelli e mise da maschiaccio, cantano a squarciagola i pezzi forti della scena punk scandinava. L’idea balzana di fondare un gruppo senza saper suonare sarà il loro rifugio da noia, incomprensioni famigliari e intemperie dell’età, specie dopo aver coinvolto la bigotta e isolata Hedvig, talentino della chitarra classica.

Adattando una graphic novel della moglie Coco, Lukas Moodysson torna a parlarci, dopo Fucking Åmal, di un gruppo di giovanissime svedesi in ribellione con la propria comunità, conservando una magistrale gestione dei toni nel tratteggiare lievemente primi conflitti, primi amori, prime prese di coscienza. La colorata cornice ottantesca consegna alla trama lo strumento di una cultura punk ancora aguzza e vivida, che il trio protagonista sventola contro irresponsabili genitori posthippy, ochette tutte aerobica e giovani metallari, ma che sopratutto fa le veci di una coperta di linus capace di quietare incertezze e indirizzare le proprie giornate.

Molta della fluida comicità del film nasce proprio dalla sproporzione tra la ferocia dei fervori politici, femministi ed ecologici di cui le tre si appropriano e il candore maldestro con cui li applicano ai contesti che hanno a disposizione: la lotta ideologica contro le lezioni di ginnastica, le giustificazioni antielitarie per concedersi una chitarrista sfigata e cristiana, il frustrato rifiuto di essere definite “band femminile”. Disposte perfettamente in un archetipico triangolo rock “frontman carismatico-musicomane purista-talento naturale”, Klara, Bobo e Hedvig sono solo la graziosa parodia di una punk band, ma poco importa finché quella parodia permette loro, alla faccia dei fischi, di sentirsi le migliori. Sorprende la naturalezza delle tre ragazzine protagoniste, di certo esaltata dalle doti di Moodysson nella direzione degli attori, mentre la colonna sonora a base di Ebba Grön e KSMB può riservare sfizi a qualche curioso del punk esotico e d’annata.

In un panorama in cui sempre più spesso dei corpi adolescenti si inquadrano e tematizzano precocità e cortocircuiti scabrosi (indubbiamente più attuali in ambientazioni contemporanee),  è diventato un sollievo scoprire una commedia teen tanto spontanea e bonificata da morbosità adulte. Difficile però non notare come anche in pellicole con soggetti meno pudichi (il già citato Fucking Åmal, ma anche il più recente norvegese Turn Me On Goddamnit!) il sostrato culturale scandinavo sembra capace di non adulterare, ma velare di ironia,lo sguardo collettivo verso le relazioni adolescenziali. Con un’autolesionista vena polemica viene da pensare a quale sarebbe stato il risultato se lo stesso soggetto fosse stato sviluppato in Italia.

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