Divertentissima commedia iconoclasta quella della coppia Clement-Waititi. Il duo neozelandese si diverte a stravolgere la figura del vampiro, simbolo per eccellenza del cinema e della letteratura dell’orrore, spogliandola della sua patina orrorifica e immettendola in un contesto insolitamente quotidiano, umano.
Sono situazioni esilaranti che giocano non a caso proprio con quell’archetipo vampiresco oggi ormai banalizzato dalle continue contaminazioni di genere. Dalla saga di Twilight in poi questo mostro terribile sembra assumere sempre più i tratti di uno smidollato.
La forzata integrazione del mondo sovrannaturale con quello ordinario nei dilaganti Paranormal Romance ha segnato definitivamente il tracollo del demone dai canini aguzzi. Ed ecco che What we do in the shadows estremizza questo detour perverso, questa “deviazione per il paradiso”, attenendosi però, allo stesso tempo, a ripercorrere l’evoluzione dell’immaginario vampiresco, riunendo in un appartamento tutte le tipologie di vampiri perpetuati nella storia: un vampiro mostruoso che sembra uscito direttamente dal Nosferatu di Murnau, un affascinante succhiasangue che sembra la copia sputata di Vlad III di Valdacchia conte di Transilvania, un nazi-vampiro appartenente più ad un immaginario cinematografico Z-movie e un eccentrico ed elegante gentiluomo vampiro che ci sembra la parodia dei protagonisti dei romanzi di Anne Rice.
Dissacrante e grottesco questo ribaltamento, che stimola una sarcastica riflessione sulla “demonizzazione” nella società attuale. Il loro fascino decade tra le strade della metropoli, scambiati per finocchi e moralmente soggiogati ai rimproveri di due poliziotti per gli eccessivi schiamazzi notturni. L’ostinata ricerca per l’indispensabile “invito ad entrare” da parte della vittima, per poterla prosciugare (caratteristica da cui si genera tutto il fascino di questa figura), si riduce ora ad un tentativo patetico di entrare in un locale notturno alla moda.
Ma l’aspetto che conferisce un’ilarità maggiore al film è il ricorso alla tecnica di ripresa da reality-tv. Una testimonianza diretta della sopravvivenza dei vampiri al giorno d’oggi che ricorre all’illusione realistica del mockumentary, con un montaggio e uno sviluppo degli intrecci tra i personaggi che rimanda alla fortunata serie televisiva Modern Family.
Un film divertentissimo che non perde però occasione per aprire critiche sulla degenerazione del cinema e della letteratura di genere, oggi troppo schiava di un trend popolare spesso banalizzante e devastante, oltre alle immancabili riflessioni sulle dinamiche umane della società contemporanea, presentateci dall’occhio straniante dei mostri privati delle loro tetre peculiarità, ridotte a lavare i piatti e a pulire i pavimenti.