L’incontro è stato aperto da un intervento di Steve Della Casa, direttore artistico del festival: «Cinema e Fiction sono sempre più vicini. È sempre più frequente vedere grandi attori di cinema fare dei crossover con fiction, come nel caso di Andy Garcia, acclamato interprete di cinema di grande qualità che si è misurato con importanti prodotti televisivi come quello in programma questa mattina: For Love or Country: The Arturo Sandoval Story, realizzato dalla HBO nel 2000.»
A moderare l’incontro Marco Spagnoli, responsabile Masterclass del Festival.
D. Cosa l’ha spinta verso la recitazione?
R. Andavo spesso al cinema da ragazzino anche se a quei tempi la mia vera passione erano gli sport. Poi a 18 anni per problemi di salute ho dovuto interrompere le mie attività agonistiche e la passione per il cinema mi ha infettato come una malattia. I miei attori preferiti erano James Cobrun, col quale ho avuto poi la fortuna di collaborare nella mia attività di produttore, Sean Connery, mio partner ne Gli Intoccabili e Peter Sellers.
D. Cosa rimpiange del cinema degli anni Sessanta?
R. Tutto. Non solo il cinema dei Sessanta, ma anche quello dei Settanta. Registi come Coppola e Scorsese; oggi gli studios di Hollywood non producono più pellicole del genere. Il mio ultimo film, City Isalnd (distribuito in Italia da Mikado) lo abbiamo prodotto autonomamente perché le major non volevano investirci. È curioso, ma oggi gli studios hanno un raggio di azione più limitato di quanto si creda, il loro è un cinema totalmente commerciale: Avatar, Spider Man, Il Signore degli Anelli. Sono le produzioni come la HBO a distribuire le grandi storie. Le sceneggiature di un certo spessore o trovano produzioni indipendenti o si spostano verso la tv.
D. Si dice che Hollywood produce per un pubblico sempre più giovane, e che chi no lo è più cerca nell’offerta televisiva qualcosa che lo rappresenti, è d’accordo?
R. Sì, le persone guardano sempre di più la tv proprio per questo. Io personalmente guardo molto più la televisione rispetto al cinema degli studios perché non racconta storie che mi coinvolgono. Adesso lavoro in veste di produttore ad un mio personale progetto televisivo che dovrebbe essere a lunga scadenza.
D. Cosa ne pensa della fortuna del 3D?
R. Come regista sono maggiormente interessato alle storie più “umane” e meno fantastiche, storie alla Vittorio De Sica. Come attore ammetto invece di esserne attratto.
D. E’ vero che i suoi primi lavori come attore sono stati per produzioni televisive? Anche in serie di grande successo come La Signora in Giallo.
R. Sì, è vero, ma il mio obbiettivo una volta giunto a Los Angeles è stato sempre il cinema. In tv ho avuto solo piccole parti; poi per 7-8 anni non ho proprio lavorato finchè non ho trovato l’agente giusto. Mi hanno spesso offerto parti in serie molto lunghe e molto ben retribuite, ma io rifiutavo, ho “la testa dura” ! Poi sono arrivati i copioni importanti come Gli Intoccabili, dove mi sono avvalso, per certe scene, come quella della carrozzina, della mia preparazione sportiva, Black Rain, Affari Sporchi (il personaggio di Raymond Avila era stato scritto per me) e ovviamente Il Padrino parte III. Erano gli anni Ottanta, lavoravo per la Paramount e Mancuso mi venne a cercare. I rumors volevano nel ruolo di Vincent Mancini John Travolta, si era fatto anche il nome di Stallone. Ma il progetto fu poi rimandato e realizzato nei primi anni Novanta e il provino lo feci direttamente con Coppola.
D. Cosa ricorda della lavorazione del Padrino parte III?
R. Abitavo in una casa a Quarto Miglio e la prima notte uno zingaro entrò in casa mia spaventandomi a morte anche se non c’era niente da rubare, solo le mie valige e il pianoforte che stavo cominciando a studiare. Passai la notte in bianco e la prima mattina di lavorazione ero uno straccio. Coppola è il mio maestro ed il mio ispiratore nel lavoro di regista, come anche Gordon Willis, il direttore della fotografia che mi ha coinvolto nel suo modo di lavorare; mi colpì il fatto che avesse girato tutta la trilogia con soltanto due obbiettivi.
D. Lei è anche un bravo musicista, come ha iniziato?
R. Io sono nato a Cuba e Cuba è musica. Ce l’ho nel sangue. Ho iniziato con le percussioni ma poi le ho abbandonate. Mia mamma e mia zia erano pianiste e io mi sono accostato a questo strumento quando ho letto il copione de La città Perduta del quale ho composto qualche brano della colonna sonora.
D. Ma lei è anche uno stimato regista.
R. Adoro dirigere! Credo che potrei smettere di recitare e fare solo il regista; ci sono delle storie che voglio raccontare con produzioni indipendenti perchè non voglio catene. Voglio proporre i miei soggetti e osservare la reazione del pubblico.
D. Mr Garcia, perché questi baffi?
R. «Un’esigenza di copione per Cristiada, il film che sto girando in Messico con Eva Longoria Parker.»
D. Sua figlia Dominique, è un’attrice che rapporto ha con lei?
R. Mia figlia ha iniziato da piccola proprio nel Padrino Parte III, poi ha lavorato con me ne La Città Perduta e in City Island, è brava e sul set siamo colleghi.
D. Quale è il suo rapporto con il cinema italiano?
R. Ovviamente adoro il Neorealismo e ho molto apprezzato anche Baaria di Tornatore, dove recita anche il mio buon amico Beppe Fiorello. Ho avuto l’opportunità di vedere questo straordinario film grazie al festival organizzato da Silvia Bizio (presente in sala) a Los Angeles. Inoltre nutro grande stima per Giancarlo Giannini, lo trovo un attore superbo.