Un documentario sul documentario, un confronto tra realtà e sua manipolazione attraverso i media, un’opera che a pieno titolo si affianca a Shoah di Lanzmann nel segnare una solida tappa per la nostra memoria. Si tratta del lavoro fatto su Das Ghetto, film di propaganda nazista girato nel ’42 per screditare gli ebrei del ghetto, mostrandoli protagonisti di vite fasulle, ricche e gaudenti. Il film rimase incompiuto e, rivisitato nel 2010 con cura filologica e acume interpretativo da Yael Hersonski, regista israeliana, fa riflettere. Oggi è facile leggere quanta mistificazione fosse affidata alle immagini e alla loro costruzione, non altrettanto allora. Tutto induce alla riflessione, le scene girate, le interviste a chi ancora può parlare, e sono sempre meno numerose, così la domanda nasce spontanea: “Quando non sarà rimasto nessuno a testimoniare, fino a che punto potremo fidarci dei nostri occhi soltanto?”. Commentava infatti Jeannette Catsoulis, sul New York Times, all’uscita dell’opera:
“Misterioso, intenso e intellettualmente provocante, A Film Unfinished colloca i noti orrori della Shoah all’interno di un commento filosofico sulla maniera in cui vediamo le immagini, [… ] Le testimonianze più eloquenti sono quelle di chi è muto: gli ebrei affamati che guardano incomprensibilmente alle macchine da presa dei nazisti, la giovane donna che esprime tutto il suo disagio quando è costretta a posare al fianco di un mendicante. […]Alla fine, il valore del lavoro di Hersonski, più che in quello che mostra, risiede nel continuo ricordarci di quello che non è. La nostra attenzione è ripetutamente diretta al processo stesso della creazione filmica.”