Trieste è una città molto affascinante in quanto luogo di forntiera. Nel film è presente anche Boris Pahor, grande poeta sloveno di 99 anni. Come è stata affrontata la questione del bilinguismo tra italiano e solveno e più in generale quella del multilinguismo?
Elisabetta Sgarbi: Nel film sono presenti molte lingue: lo sloveno, il serbo, l’ebraico e l’inglese parlato da un afgano che rappresenta una di quelle nuove generazioni che arrivano con ad inserirsi con difficoltà. Le lingue si moltiplicano. Pahor racconta l’incendio della casa della cultura Narodni dom con gli occhi di un ragazzino che non riesce a spiegarsi la violenza. In questa opera le lingue sono molto presenti, anche come testimonianza.
Eugenio Lino, autoregista: Nel film ci si riferisce ad uno scritto di Slataper, che si definiva tedesco-itlaino-sloveno pubblicato ne I quaderni della Voce, a Firenze in Italia. Il soggetto ruota attorno a questa pluralità linguistica, le voci risuonano. Si è voluto indagare cosa è rimasto di questo intreccio linguistico nelle tragedie vissute da Trieste. Inoltre abbiamo cercato le nuove lingue dei nuovi triestini, cercando di andare oltre lo sloveno, interessandoci appunto della comunità serba. Pahor ha vissuto anche la deportazione e vessazione nei confronti della comunità slovena e dà una testimonianza reale in un film che non è ne vuole essere un documentario, ma un racconto, una serie di testimonianze che secondo noi hanno anche un forte valore archeologico
Per Franco Battiato È sempre difficile trovare le energie per poter fare tutto quello che ci appassiona, come pensa di nei prossimi mesi che per lei sembrano ricchi di impegni?
F.B.: Questo è diventato un incubo (ride). Stamattina all’areporto di Catania mi hanno salutato dicendomi “Buongiorno Assessore”, ma quale assessore? Io sono e rimango altro, non vorrei occuparmi di amministrazione, ma bensì di cultura. Ancora non ho idea di cosa mi aspetta, ma ho rinunciato all’assessorato perché avrei dovuto cambiare mestiere, cerco quindi di occuparmi solo di faccende inerenti lo spettacolo.
Lucka Pockaj (attrice italo-slovena protagonista della pellicola) come ha affrontato questo viaggio, quasi fantasmatico, attraverso Trieste?
L.P. :Elisabetta è una persona di grande sensibilità mi ha lasciata agire d’istinto. Tutti i dubbi che avevo sono svaniti nel momento in cui abbiamo cominciato a lavorare, inoltre apprezzo molto il modo in cui si è avvicinata a Trieste. Nella scena della camminata al porto vecchio mi sentivo come veramente parte di quell’ambiente. Ho conosciuto cose nuove dalle città e aspetti di essa che mi erano prima estrenei.
A Franco Battiato: lei ha sempre raccontato con sincerità e anche con brutalità quella che era la classe politica del paese, come pensa di affrontare direttamente questo mondo? Pensa che si dedicherà ancora al cinema in veste di regista?
F.B. Non mi va di prendere ufficialmente le distanze dalla politica, ma i miei rapporti sono limitati. L’unico contatto che ho è con il presidente della Regione che si è rivelato un uomo veramente spericolato e io sono con lui in questo momento. Sul versante del cinema sono 3 anni che aspetto un finanziamento, che forse non arriverà, per un mio progetto su Georg Friedrich Handel.
Il rapporto di Franco Battiato con Trieste?
F. B. Questa è una domanda pericolosissima (ride). Adoro Trieste, Saba mi ha sempre molto influenzato. Ogni volta che ci vado è un’esperienza unica. Una volta me lo hanno domandato dei giornalisti triestini in un giorno d’estate, e ho dovuto rispondere che tutta quella carne al sole mi scioccava (ride, riferendosi agli stabilimenti balneari che si trovano direttamente sulla trada)