Due scienziati, al soldo di una casa farmaceutica, lavorano per sintetizzare una potente proteina ottenuta mischiando il DNA di diverse specie animali. Il loro lavoro produce un primo risultato, due creature di sesso opposto, dalla forma simile a un pene canceroso, dalle quali i dirigenti aziendali vorrebbero subito iniziare ad estrarre il prodotto. Tuttavia alla NERD (così si chiama il laboratorio di ricerca e sviluppo della Newstead Pharma, diretto dagli istrionici Clive Nicoli – Adrien Brody e Elsa Kast – Sarah Polley) gli esperimenti vanno avanti. Si punta a incrociare il DNA ibrido ottenuto dal precedente esperimento con quello umano (in termine tecnico, “splice” significa proprio tranciare parti di DNA per reinnestarlo in altre, da slice + paste). Naturalmente la tentazione è donna, ed è proprio la dottoressa Kast a foraggiare l’ iniziativa, contro il titubante compagno, che si trova quasi per caso coinvolto in quello che può essere considerato una specie di risultato a metà, tra il mostro e il miracolo. Ciò che viene infatti generato è una creatura che ha in sé metà del gene umano e metà l’ incrocio di mille altre specie, che si sviluppa seguendo diversi stadi di incubazione. Da uno stato larvale, si arriva ad una creatura chimerica e androgina, estremamente affascinante (denominata DREN, anagrammando il nome stesso del laboratorio) quanto terribile. Saranno questi gli effetti che provocherà anche nella vita privata e professionale degli scienziati (così come negli spettatori): fascinazione e repulsione. Gli esiti saranno imprevedibili quanto sorprendenti. Scorretto e profondamente malato, assolutamente debitore del medio Cronenberg (La Zona Morta, La Mosca) quanto del primo Lynch (soprattutto per la spermatozoica forma del feto e del “neonato”, che ricorda quello di Eraserhead). Importante e decisiva la presenza alla produzione di Guillermo Del Toro. Ed infatti la creatura, o le creature, sinuose e tumorali, quindi allo stesso tempo generatrici di disturbo più che di paura o disgusto, sono senz’ altro influenzate dai precedenti (mostri) di Hellboy e Il Labirinto del Fauno. E se i riferimenti storici sugli scienziati che partoriscono mostruosità abbondano (da Frankenstein in qua) meritano senz’ altro attenzione i dettagli tecnici, che sono forse la parte più interessante del film. Intanto DREN, interpretata da Dèlphine Chanéac, già di per sé asettica e androgina, è assolutamente un esperimento riuscito (continuando i termini di paragone) per lo meno per quanto riguarda il disegno. Bellissimo perché decadente e vitale. Poi precisa e attenta ricostruzione dei laboratori, ma più che mai, sono da non lasciar passare inosservati gli abiti di Brody e più in generale tutto il décor. Un solo termine: Vintage. Per chiudere possiamo pure trovare un senso a questa pellicola, su cui, perlomeno per il coraggio e la costanza di Vincenzo Natali (a dodici anni di distanza da The Cube, anch’ esso di stretto pensiero freudiano, ma Splice era un progetto era addirittura precedente), non possiamo che spendere buone parole. In primis è quasi un caso che il tutto sia frutto di un soggetto e una produzione occidentali. Temi come l’ incesto e l’ ermafroditismo (senza oscenità), con una misoginia abbastanza esplicita, quanto “innocente” perché dichiarata e non ovvia sono davvero insoliti da queste parti, almeno negli ultimi vent’ anni. A tratti biblico (o genetico, per richiamare sia il libro della Genesi che l’ ambientazione). Alcune scene meritano pure lo status di culto; la battaglia dei mostri penici con splatter finale e una complessa e complicata (in tutti i sensi) scena di sesso tra il dottor Nicoli e DREN.