Ogni Festival, da due o tre anni a questa parte, ha il suo documentario animato. In questo caso si tratta di una sorta di American Splendor dedicato da un esperto regista di Singapore ad uno dei grandi maestri del fumetto giapponese, Yoshihiro Tatsumi, ideatore negli anni ‘50 dei Gekiga, i primi fumetti orientali ad affrontare temi deliberatamente adulti e scabrosi, che da allora caratterizzeranno in maniera fondamentale l’universo manga ma anche l’immaginario narrativo giapponese tout-court. Il tratto naif tenta di imitare quello proprio dei disegni dell’autore, mentre la scarsa fluidità dell’animazione, ricercata o imposta da ristrettezze produttive, contribuisce, insieme al prologo ad immagini statiche, alla sensazione di trovarsi di fronte a vignette che prendono vita sotto i nostri occhi. I segmenti biografici sulla giovinezza del fumettista, tratti dall’autobiografia disegnata A Drifting Life e caratterizzati da un affettazione sentimentale a tratti eccessiva, fanno da cornice alla messa in scena animata di alcuni dei più importanti racconti a fumetti di Tatsumi, pessimisti, opprimenti e raffinati come difficilmente si immaginerebbe da neofiti della sua arte. Storie di impiegati impotenti, operai ossessionati dal rumore delle macchine, prostitute senza futuro e devastazioni atomiche e morali. Seppure tra ingenuità e calligrafismi, difficile non scorgere nella figura del fumettista un ruolo analogo a quello ricoperto in occidente dal grande Will Eisner, come evidenti sono gli echi ossessivi e minimalisti di Poe e della letteratura noir americana. Ancora più difficile non accorgersi di come queste vicende di alienazione urbana tra la fine del Secondo Conflitto e il boom tecnologico del Sol Levante, trasportino i germi del malessere visionario a cui il miglior cinema giapponese ci ha abituato. Il senso di colpa e di eterna dannazione causato da Hiroshima e Nagasaki, il complesso di inferiorità e dipendenza nei confronti dell’immaginario americano, le ossessioni erotiche di una società vetusta trasformatasi troppo velocemente, la fusione uomo-macchina e le mutazioni sessual-industriali. Il film di Khoo offre il giusto tributo ad un artista anticipatore, capace di riunire nella propria opera queste colonne portanti dell’universo fumettistico tanto quanto, per diversi motivi, della poetica di autori come Ozu, Kitano, Tsukamoto. Se non un ispiratore, un artista di analogo calibro e influenza.