mercoledì, Novembre 20, 2024

57/mo Festival dei Popoli: Mani Nostre di Caterina Pecchioli – la recensione

Caterina Pecchioli è una regista fiorentina che da anni studia e lavora ad Amsterdam. Come spesso accade, allontanarsi dal proprio paese d’origine è l’occasione per sviluppare uno sguardo diverso, capace di interrogarsi sui luoghi comuni che etichettano l’Italia all’estero. Per riflettere sul rapporto degli italiani con la legalità, la regista ha scelto di lavorare per induzione, attraverso una serie di interviste in un viaggio in treno che in cinque giorni ha attraversato l’Italia da Bolzano a Siracusa.

Il treno, spazio intimo come tutto ciò che è deputato all’impermanenza, favorisce la libera narrazione di studenti, giovani lavoratori, emigrati, preti e imprenditori che al microfono della regista raccontano la propria idea circa le origini della corruzione, la propria esperienza ma, soprattutto, le proprie speranze. Conversazioni in libertà dove le parole sembrano destinate ad evaporare come i paesaggi che scivolano lungo il vetro.

È l’Italia pulita della natura a scorrere fuori dai finestrini: mari, montagne, foreste, fissate in una bellezza estranea alla piccolezza del quotidiano.

Sono dei veri e propri quadri di videoarte, campo in cui la Pecchioli ha ottenuto vari riconoscimenti, a connettere i vari interventi: la pioggia sui vetri, come una ragnatela protettiva, capta le confessioni e ci traghetta da un paesaggio emotivo all’altro. ‘Talking hands’, titolo inglese del film, descrive nel modo migliore la scelta di regia che caratterizza il film: le fisionomie dei protagonisti sono destrutturate per garantire quell’anonimato che solo può aprire a testimonianze sincere e pertanto rilevanti.

Ad emergere sono puri pensieri veicolati da quella gestualità delle mani che tanto spazio occupa nelle modalità di comunicazione degli italiani. Proprio il gesto e le sue potenzialità espressive sono al centro dell’interesse della regista, che accompagna alla veridicità dell’indagine immagini poetiche, come le riprese capovolte di case sospese al cielo, come se anche le vite dei loro abitanti potessero precipitare da un momento all’altro.

Caterina Pecchioli racconta di essere riuscita a stabilire un legame di confidenza con tutte le persone intervistate anche grazie all’operatrice che l’ha accompagnata, il cui stato di gravidanza all’epoca delle riprese, ha suscitato un’inaspettata predisposizione e apertura nelle persone avvicinate.

Una grande cura è stata prestata alla colonna sonora, capace di fondere i suoni imprecisi della ferrovia con effetti di rarefazione che diventano paesaggio sonoro a se stante, astrazione, poesia.

E a rarefarsi a fronte della testimonianza individuale è anche il luogo comune da cui il progetto documentario ha preso avvio e che fa dire, con uno dei protagonisti ‘Io credo negli italiani’

Beatrice Rinaldi
Beatrice Rinaldi
Al Rischiatutto porterebbe Alfred Hitchcock, a cena Daniel Auteil.

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