La cronaca nera costituisce talvolta un materiale molto interessante da analizzare e commentare, specialmente quando crimini d’ogni tipo, ma soprattutto delitti, trovano sempre spazio. Ma, comprensibilmente, ciò che è oggetto delle chiacchiere del popolo non è sempre riferito con precisione: le realtà che arriva ai nostri occhi in questi casi è doppiamente alterata, in primo luogo dalla lente deformante dei media, in secondo luogo dal filtro personale della nostra percezione. Abbiamo tutti personale libertà di opinione e di giudizio e il giovane regista argentino Gonzalo Tobal dedica proprio ad essa il suo film Acusada.
Il film inizia immergendoci in una vicenda molto simile a quella di cui parlavamo, che ai più potrà ricordare la vicenda di Amanda Knox: il brutale omicidio di una ragazza ad un party. Dopo due anni di indagini, l’unica indagata per il delitto è Dolores, coetanea della vittima che era presente alla sua feste. Dolores è appartenente ad una famiglia benestante, che decide di investire tutte le risorse possibili per aiutare la figlia nel percorso fino al processo, ingaggiando un importante avvocato e circondando la figlia di attenzioni, sforzandosi di mettere da parte la paura di vedere fallire la difesa. Dolores si dichiara innocente, ma il giudizio delle compagne di scuola e della società in genere è severo: i più puntano il dito contro di lei, contro la bella ragazza di buona famiglia sicuramente motivo di invidia per molte sue conoscenze. Tobal racconta così il lento calvario di Dolores, catapultata in un mondo improvvisamente ostile nei suoi confronti, che rischia di produrre minacce concrete come quella del carcere, possibilità sempre più vicina. I genitori e il fratello minore tentano di accompagnarla nel duro periodo prima del processo, mentre l’avvocato la istruisce a dichiarare solo il necessario e a formulare frasi specifiche; ma lo stress pian piano inizia ad avere la meglio sulla ragazza, già vittima di un inspiegabile senso di colpa. Il regista si sofferma sui suoi primi piani, intrappolando il personaggio in inquadrature che la vedono in pose rigide: quasi come se fosse seduta sulla sedia del tribunale ancor prima di mettervi piede.
Teso tra innocenza e colpevolezza, il destino della giovane protagonista resta in sospeso fino alla risoluzione finale del film. Ma lo spettatore non è spontaneamente invitato a prendere le parti di Dolores: Acusada non è la semplice cronaca di un caso di mala applicazione della giustizia. Il film piuttosto si sofferma sull’ambiguità del caso e sull’evoluzione del tormento psicologico della protagonista a seguito di indagini che ancora non svelano certezze, tenendo tutto col fiato sospeso. Centrale in questo senso è il ruolo dei media, che in Acusada agiscono come manipolatori di verità; osservati dal punto di vista di chi siede sulla sedia dell’imputato, emergono quasi come antagonisti della vicenda (la straziante intervista a Dolores nello studio televisivo è una delle scene più belle del film). Ma Acusada mette al centro tanto i media quanto noi, la gente comune, con i suoi giudizi più e meno ponderati. Tobal ha dichiarato in effetti di aver voluto mostrare il ritratto di una società sopraffatta dai mezzi di comunicazione, territorio di giudizi affrettati e di gogne mediatiche dagli effetti talvolta molto pericolosi. E infatti la vicenda di Dolores inizia tutta dalla pubblicazione di un video hard girato col telefonino sui social network. Pochi click del mouse e la condivisione è fatta e con essa, l’inizio di un giro di minacce e insulti che smuove sopiti istinti violenti e riconferma ancora una volta la condizione dell’homo homini lupus.