domenica, Novembre 24, 2024

América – Erick Stoll, Chase Whiteside – Pesaro 54: La recensione

Parte dalla Wright State University il progetto di Erick Stoll e Chase Whiteside: un corso di documentario, poche risorse, la sete di storie da raccontare e la scelta di andarle a scovare in Messico, dapprima con l’intenzione di girare un film sui turisti statunitensi, poi, seguendone le tracce in uno slalom tra la folla testimoniato dalla macchina da presa, cambiando direzione grazie al folgorante incontro con Diego e la sua, di América, anni novantatré.

Una caduta la obbliga all’immobilità della sua camera da letto, quadro compositivo che rimanda ad un’iconografia anche cristologica nella caravaggesca figura di lei: l’opera girata a quattro mani si apre con un poetico squarcio su questa stasi, cristallizzazione del corruttibile, diversamente eterea bellezza, enfatizzata subito di seguito nel contrasto con il dinamismo urbano di Puerto Vallarte, tanto pullulante di vita quanto emotivamente anaffettiva.

Se ne accorge lo spettatore ancor prima di Diego, nipote di América; spinto lì dal desiderio di “essere come l’acqua che si stende sopra tutto” ha lasciato la città natale per non sentirsi più “alla deriva”. Sarà invece proprio riscoprendo l’amore di e per la matriarca che ritroverà il suo centro, per poi essere libero, stavolta davvero, di partire.

Pur facendo propria un’estetica già avvalorata che passa attraverso l’eloquenza della ritrattistica alla McCurry per poi affermare la costante parzialità di uno sguardo impossibilitato a cogliere una visione totale, Stoll e Whiteside girano un esempio brillante di non-ficion creativa da cui traspare, oltre alla cura per un soggetto pieno di anima, l’occhio critico sul mondo che contraddistingue anche i loro lavori precedenti, cortometraggi attivisti più direttamente rivolti al sociale.

La riflessione privata sulla forza del ritrovarsi si innesta infatti sullo scenario di una provincia corrotta.
Diego, che con la nonna mantiene un rapporto di tenerezza esclusiva, la raggiunge assieme ai suoi due fratelli perché bisognosa di assistenza e di affetto, mentre il padre dei ragazzi è in carcere perché accusato di averla maltrattata. Innocente o colpevole, l’unica giustizia che avrà sarà quella del denaro che può tutto.

In una narrazione del quotidiano che procede genuina e per illuminazioni di senso inaspettate, momenti di geniale lucidità di una mente offuscata dagli anni ma ancora capace di rischiarare quelle altrui, i due registi documentano la ricomposizione di un nucleo familiare che, sotto il peso della necessità, è capace di ricostituirsi nella convergenza di passioni e azioni verso un percorso di ordinari eroismi spesso relegati al buio.

“State vivendo in un sogno, la realtà distrugge il sogno, ma l’amore è qualcosa di eterno”. Ognuno conserva o matura conflittualmente con gli altri la propria idea di libertà; la sintonia dura un soffio, ma è un canto improvvisato che risuona dentro a lungo.

Veronica Canalini
Veronica Canalini
Critica Cinematografica iscritta al SNCCI. Si anche classificata al secondo posto al concorso di critica cinematografica “Genere femminile: quando le donne criticano il cinema” indetto da Artemedia, oltre a scrivere di Cinema per Indie-eye, si è occupata di critica letteraria per il Corriere del Conero.

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