venerdì, Novembre 22, 2024

Assolo di Laura Morante: un luogo di mezzo

Laura Morante torna dietro la macchina da presa dopo l’esordio alla regia con “Ciliegine” film del 2012 che guardava più a certa commedia francese che al cinema italiano. “Assolo” prosegue su quella strada osservando le complessità affettive di una donna sulla soglia dei cinquanta, con i tratti di un personaggio complementare a quello del film precedente.

Se le disavventure amorose di Amanda rimanevano sull’orlo tra necessità e rifiuto rispetto a vizi e abitudini del mondo maschile, Flavia si trova al di là di quel confine, bloccata nell’espressione dell’affettività e legata a tutti i frammenti del suo passato. È una figura decisamente meno ribelle della precedente e che serve evidentemente alla Morante per far emergere i meccanismi consociativi che regolano il mondo degli affetti, in un’accezione molto più larga rispetto allo spazio delimitato della coppia.

Il diritto di Flavia a far da sola, è una provocazione che la Morante ci serve in modo più o meno esplicito attraverso un personaggio più complesso della passività che esprime, lo dimostra la relazione quasi “anale” che stabilisce con la dottoressa Grunewald, la psicoterapeuta interpretata da una formidabile Piera Degli Esposti, con la quale stabilisce un vero e proprio rapporto di dipendenza, ma allo stesso tempo rifiutando gli assiomi della terapia con lucida consapevolezza.

I modi con cui “Assolo” descrive l’impasse di Flavia sono ancora quelli della commedia sofisticata e legata al flusso di coscienza alleniano, non importa se questo si manifesta attraverso voci diegetiche o extra-diegetiche, perché è proprio il meccanismo comico che spesso sembra una diretta emanazione “letterale” del motto di spirito, anche quando viene risolto in termini apparentemente visivi, come la divertente sequenza della masturbazione interrotta dal cane.

Rispetto a Ciliegine la caratterizzazione dei personaggi di contorno passa attraverso una maggiore proliferazione, non sempre sinonimo di ricchezza; c’è in effetti uno scarto tra i due film, tanto il primo rimaneva entro confini più rigorosi e geometrici in termini di messa in scena, quanto “Assolo” deborda da quei limiti affidandosi ad alcune scelte oniriche che non sempre rappresentano un superamento della quadratura formale del set. L’incipit del film in cui ci si immagina il funerale di Flavia con tutto il codazzo dell’allargatissima famiglia è straniante ed è una buona possibilità per aderire e al contempo porsi a distanza rispetto al personaggio, un procedimento che la Morante compie con intelligenza rovesciando una centralità costantemente messa in crisi.

Al contrario, l’ingresso e l’uscita tra sogno e realtà ci è sembrato troppo marcato e quindi “mancato” nella possibilità di inventarsi un mondo palindromo che corrisponda al luogo di mezzo che Flavia vorrebbe abitare. In questo senso i limiti del film sono quelli della macchietta delimitata, del bozzetto, della scenetta, della gag più o meno riuscita, quando il seme più interessante a nostro avviso risiede proprio nell’autismo di Flavia, nel suo voler star fuori dai giochi anche teatrali delle persone che la circondano; una traccia che non viene seguita con troppa convinzione, proprio perché è la dinamica del film stesso a ricondurci dentro la scena, dentro la sicurezza delle caratterizzazioni, peccato originale del cinema italiano.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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