Storia di ordinaria disoccupazione questa di Ivo (Edoardo Gabbriellini) e Clara (Elena Radonicich), trentenni o giù di lì, rappresentanti a pieno titolo di una generazione per cui spaesamento e sradicamento sono connotazioni-base.
Nulla che li faccia somigliare ai loro vecchi padri che davano l’assalto al cielo al tempo degli eroici furori sessantottini. Ivo e Clara sono il prodotto di una sconfitta epocale, il precipitato di una miscela esplosiva di illusione e delusione, coraggio e abbandono.
Molti l’avevano prevista, Pasolini ebbe il coraggio di indicarne le cause, e quel “pagherete caro, pagherete tutto” urlato sulle barricate si è avverato, anche se, purtroppo, con effetto boomerang.
Ivo e Clara stanno pagando, infatti. Lui è un agronomo che da Bari sta per trasferirsi in Romania per un ingaggio di lavoro. Ha paura, ha cercato pretesti per ritardare, ma ora deve farlo, non ha scelta. Scoprirà ben presto che la precarietà regna sovrana su tutte e due le sponde dell’Adriatico, senza distinzioni. Lei sta per chiudere con il cantiere navale dove lavora. Esuberi, calo delle commesse, licenziamenti.
Clara è in disarmo anche sul piano sentimentale. Una storia di dieci anni è alle sue spalle, un figlio in arrivo davanti a lei.
Marginalità ed esclusione chiudono il cerchio di vite spezzate ancor prima di cominciare, cristallizzate senza passato nè futuro. Nasce così un’umanità nuova, che cammina a fatica su un terreno cosparso di cenere.
E “cenere” è il titolo della penultima sezione del film, diviso in capitoli: “Bari”, il prologo, l’incontro; “1453”, i chilometri che fa Ivo per arrivare in Romania; “banat “ (dolore), “fuoco” e “cenere” le tappe della vita in un posto che sembra ai confini del mondo, dove Clara lo raggiunge. “ Domani” è l’ultima sezione, aperta. C’è il mare, il mar Nero, una spiaggia solitaria. Ivo ha deviato dal percorso verso l’aeroporto da cui Clara, forse, partirà. Il mare ha la voce grossa e Ivo e Clara sono piccoli piccoli sulle dune, sotto il cielo grigio.
Una domanda si fa il regista: “Perché due giovani italiani capaci, intelligenti, preparati devono trovarsi in un altrove alla ricerca di un futuro?“.
Ambientato tra Bari e la Romania, il film è stato girato anche in Macedonia, in Bulgaria e in Grecia. Due migranti all’incontrario, diretti verso un altrove da cui gli abitanti fuggono, provengono dal falso Eldorado verso cui tutti vanno. Nessuna città felice è al riparo dalla catastrofe, dunque, se un cammino inverso sulla rotta balcanica, alla ricerca di una terra felice, ha le stesse motivazioni di chi procede in senso opposto. Manca la guerra, sì, ma la guerra è anche sotterranea, e fa più morti delle bombe. Si sgretola così il mito ancestrale del viaggio, oggi il migrante non è più il colono che sbarcava sulle rive assolate e costruiva templi agli Dei, Ulisse non abita più qui.
Ivo e Clara s’incontrano, sono giovani, soli, si aggrappano l’un l’altro. La loro storia ricorda più un naufragio che un viaggio.
Economia recitativa minimale, inserti improvvisi di camera a mano e stacchi inaspettati del montaggio, atmosfere sapientemente smorzate, Adriano Valerio, alla sua prima, notevole prova registica, crea una sorta di spazio disabitato, una terra di nessuno in cui si passa senza lasciare il segno.
Un allegro Paisiello in apertura con “Chi vuol la zingarella” fa compagnia a Ivo che prepara il trasloco, ma l’arrivo improvviso di Clara fa tacere lo stereo. “Ma tu chi sei?”. Clara non credeva di trovare l’appartamento occupato, l’anziana proprietaria, la signora Nitti (Piera degli Esposti) è stravagante quanto basta per creare disguidi e Ivo non è pronto. Imbarazzo reciproco, ma due birre e una camminata insieme nella sera che scende cominciano a stringere un legame che sarà lento e amaro, di una tenerezza ruvida, fatto, più che di amore, di quella vicinanza che nasce fra naufraghi e che può svanire o durare nel tempo, chi può saperlo?
Ma forse sarà amore, perché, come dice Saramago, che non ha mai scritto romanzi d’amore, “capita che l’amore finisca sempre con l’entrarci “.
Esilio e solitudine, per gradi progressivi di avvicinamento, possono aprirgli la porta, capita.
O anche no.