venerdì, Novembre 22, 2024

Berlinale 62 – Panorama Dokumente – Unter Männern – Schwul in der DDR (Among Men – Gay in East Germany) di Markus Stein e Ringo Rösener (Germania, 2011)

Il primo e ultimo film a tematica gay prodotto dalla vecchia DEFA della DDR è Coming Out (1989), di Heiner Carow, il più moderno tra i registi della Germania Orientale. Si deve a lui, ad esempio, il clamoroso successo di Die Legende von Paul und Paula (1973), storia d’amore proletaria intrisa di flash in puro stile flower power e di nuovi edifici che crollano. In Coming Out, Carow racconta la quotidianità di un insegnante omosessuale che vive appieno la vita gay dell’epoca, sicuramente non alla luce del sole ma nemmeno confinata nei cessi delle stazioni. Il film ebbe la sua prima in un giorno molto speciale, il 9 novembre 1989, motivo per cui nessuno se ne accorse e solo nel corso del tempo è assurto a cult movie e a testimonianza preziosa della vita frocia ai tempi del socialismo reale. Il documentario di Markus Stein e Ringo Rösener parte proprio da Coming Out – “aggiornandone” alcune scene e mostrando la sera della prima fuori dal Kino International – e tenta di offrire una risposta più articolata alla domanda “come si viveva, da uomini gay, sotto la DDR?”.

Prima di procedere all’analisi del film è tuttavia indispensabile un’ulteriore premessa storica. In Germania, le pratiche omosessuali sono state sanzionate per legge dal 1872 al 1994 per mezzo del famigerato paragrafo 1975 (vedi voce su wikipedia) di cui parla il primissimo film tedesco (e forse mondiale) a tematica gay, Anders als die Anderen (1919) di Richard Oswald, con Conrad Veidt, rifatto in chiave reazionaria da Veit “Jus Süss” Harlan nel 1957 col titolo Anders als du und ich (noto anche, in versione censurata, come Das dritte Geschlecht). Il paragrafo 1975 venne edulcorato prima nella DDR – nel 1968 – poi in Germania ovest – 1969 e 1973 – e nonostante la scarsa applicazione da entrambi lati del muro, è rimasto in vigore fino agli anni Novanta.

L’idea di realizzare il documentario è venuta a Rösener, “Ossi” classe 1983, che al tema ha dedicato tre anni buoni di ricerche prima di rivolgersi al tuttofare Stein, etero e “Westler”, che ha consentito di tradurre in immagini professionali l’entusiasmo di Ringo. Il film ha la classica struttura del documentario storico basato sulle dichiarazioni dei “sopravvissuti”, e offre le testimonianze di sette persone che hanno vissuto il proprio orientamento sessuale “diverso dagli altri” ai tempi di Honecker e della SED. Si va dalla salutare sfrontatezza di Frank, regolarmente arrestato (e una volta anche stuprato) dalla polizia che considerava “borghese e decadente” il suo vestiario, al coraggio letterario di Jürgen Lemke, autore nel 1989 di un libro molto diretto sulla vita gay tedesco orientale (Ganz normal anders), fino alle vite ritirate di due amici di Lipsia, frequentatori abituali delle latrine sotterranee del centro (“die Klappe”). Al lavoro di coordinamento del “pastore dei gay” Eddy Stapel, che fondò svariati gruppi di autocoscienza omosessuale in giro per la DDR – tenuti sotto stretta sorveglianza dalla Stasi, che arrivò a sguinzagliare spie chiamate “Romeos” nel letto dell’ignaro Stapel – fanno da controcanto storie di terrore e mancata accettazione, di campi nudisti frequentati per poter rifarsi gli occhi, di nudi disegnati per il sol gusto di svestire il modello, di temutissimi mobbing aziendali e strategie della tensione tra i corridoi delle sedi di partito.

Peccato che Stein e Rösener non abbiano potuto intervistare una coppia che sta insieme da cinquant’anni, in barba a paragrafi e dittature. E peccato che molte di queste storie siano segnate dalla reticenza, un dico non dico che i due registi sanno comunque trasformare in ironia grazie al buon rapporto che dimostrano di aver instaurato con i testimoni di un’epoca lontana ma non troppo. Unter Männern è un documentario importante e ben realizzato, che inizia a colmare una falla storica e sociologica grande come un cratere. Apparato legislativo a parte è infatti molto sospetto che fino agli Ottanta inoltrati nessuno, nella DDR, abbia mai affrontato di petto il tema dei diritti (e dell’esistenza stessa) delle persone omosessuali, al solito tollerate a patto che restino nell’ombra. Prima di Coming Out, l’unico regista che aveva osato mettere in scena una storia gay a Berlino Est era stato il mitico Wieland Speck, che nel 1985 aveva girato in incognito alcune scene del suo unico (e splendido) film Weslter, di produzione occidentale. Film di cui il documentario mostra brevemente uno spezzone. In buona sostanza, la DDR non ha mai avuto il suo Rosa von Praunheim, e il documentario ideato da Ringo Rösener tenta in un certo senso di recuperare questa dimensione politica e attivistica. Meravigliosa la sequenza finale girata tra le stradine anguste di Lauscha, in Turingia, dove uno degli attempati protagonisti si aggira in drag, candido come la neve, nei panni della “principessa del vetro”. Nel vederlo torna in mente il titolo di un film di Rosa, Tunten lügen nicht (‘le checche non mentono’, 2002) e ci si rende davvero conto di come sotto la DDR le checche, per vivere decentemente, fossero costrette a raccontar balle. O a tenere la feccia chiusa.

Simone Aglan-Buttazzi
Simone Aglan-Buttazzi
Simone Aglan-Buttazzi è nato a Bologna nel 1976. Vive in Germania. Dal 2002 lavora in campo editoriale come traduttore (dal tedesco e dall'inglese). Studia polonistica alla Humboldt. Ha un blog intitolato Orecchie trovate nei prati

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