Blut muss fließen – undercover unter Nazis è un documentario scritto e diretto da Peter Ohlendorf, presentato nella sezione Panorama della Berlinale 62. Thomas Kuban, nome fittizio, è un giornalista che dal 2006 si occupa della scena hardcore di estrema destra: sotto copertura ha filmato concerti principalmente in Germania, ma anche Ungheria, Repubblica Ceca e Italia. Il documentario si propone di spiegare la dimensione mediatica ed economica del fenomeno neonazi. A ridosso del movimento si è infatti formato un mercato nero che vende di tutto: oltre ai cd (banditi dalla repubblica tedesca)i neonazi possono acquistare manuali, magliette, effigi ed addirittura armi. Un giro d’affari che il documentario analizza in maniera trasversale. Thomas Kuban tenta infatti con scarso successo di intervistare autorità del governo tedesco e chiede poi aiuto ad un gruppo di hacker per certificare l’entità delle donazioni che questi gruppi ricevono su internet. Il film si sposta infine ad un’analisi capillare dei contatti extraterritoriali. Un’indagine che porta Ohlendorf e Kuban in Inghilterra, patria di Ian Stuart, Ungheria ed Italia. Proprio nel nostro paese il giornalista ritiene di aver trovato una situazione degenere. Oggetto del documentario diventano i neofascisti di Roma e quelli del Veneto, con il fronte Veneto Skinheads a far da protagonista. Girando tra le strade e i monumenti fascisti della capitale, Kuban si interroga sulle figure di Gianni Alemanno e Marcello de Angelis, simboli di generazioni che dall’MSI hanno trovato spazio nella politica nazionale. In queste analisi, parziali ma pur sempre documentate, è racchiusa la forza di questo film. Ohlendorf e i suoi collaboratori non si limitano a descrivere il neonazismo come dato di fatto, ma ne spiegano modalità e frontiere di sviluppo. Differendo così dai pochi ed essenziali documenti cinematografici a disposizione (dai celebri film American History X e This is England, a documentari come Skinhead Attitude), Blut muss fließen si propone di andare a fondo alla questione nonostante l’omertà del mondo politico. Emblematici, in questo senso, sono i silenzi con cui i responsabili alla sicurezza del Land bavarese reagiscono durante le poche interviste concesse: un imbarazzo che mostra l’incapacità di un’intera cultura nell’affrontare problematiche frettolosamente archiviate. Malgrado il valore tangibile delle varie testimonianze, il documentario risente di alcune scelte stilistiche in fase di regia: il ritmo è altalenante, l’effettistica ricorre troppo spesso con effetti naif, ma davvero imperdonabile è il commento musicale, che va dal gothic industrial al punk revival, passando per jingle alla James Bond. Piccoli difetti che non intaccano comunque il contenuto di un progetto serio e coraggioso. Questo documentario deve ora trovare canali di distribuzione in Germania e all’estero, cosa che fino ad ora non è avvenuta. Blut muss fließen era infatti pronto da tempo, ma ha avuto una notevole spinta promozionale in seguito all’arresto di un gruppo neonazista tedesco lo scorso novembre. L’augurio è che non si debbano attendere altri fatti di cronaca prima di vederlo di nuovo in giro.