martedì, Novembre 5, 2024

Bozzetto non troppo di Marco Bonfanti: la recensione

A Bruno Bozzetto, incredibile a dirsi, il cinema italiano non aveva ancora reso un tributo, nei quasi sessant’anni di carriera.
Eppure ci avevano provato in molti a proporre all’autore di West & Soda, VIPMio fratello superuomo, Allegro non troppo di raccontarsi, con progetti puntualmente rifiutati per la naturale inclinazione ad ogni forma di autocelebrazione che lo caratterizza.
Ci è riuscito Marco Bonfanti, al secondo lungometraggio dopo il sorprendente esordio con L’ultimo pastore del 2012, un film che ha affascinato Bozzetto al punto da convincerlo ad aprire al giovane regista non solo le porte della sua casa, ma anche l’archivio con le opere e i super8 con le immagini di famiglia.

Non è un documentario naturalistico, quello di Bonfanti. Il regista racconta di aver ‘costretto’ Bozzetto a ripetere le scene anche sei, sette volte, riuscendo a fargli abbandonare la mitezza che lo contraddistingue per più colorite reazioni che saranno svelate solo nel making of in uscita con il DVD del film.

Quello che rimane dell’interazione tra i due autori è un film introspettivo, dove si cerca di risalire alle origini creative del lavoro di Bruno Bozzetto raccontando la quotidianità da cui trae ispirazione, senza alcuna concessione alla tecnica. Dietro le quinte non troppo, insomma.

L’unico momento in cui il disegnatore si offre alla macchina da presa con una matita in mano è un divertissement ad occhi chiusi per misurare la bravura e il tempo speso a dar vita al suo personaggio più famoso, quel Sig. Rossi protagonista di tragicomiche avventure nell’Italia del boom.
A partire dall’omaggio della personale al Walt Disney Museum di San Francisco, che scopriamo proprio attraverso l’emozionata voce fuori campo del protagonista, il film si riavvolge per comporre un ritratto personale di straordinaria sensibilità.

La regia è minimale, Bonfanti lascia che sia lo stesso protagonista a riempire la scena, tessendo una continuità di azione tra il vissuto reale e le opere che gli hanno guadagnato l’ammirazione di Matt Groening dei Simpson e di John Lasseter della Pixar, dai primi lungometraggi di animazione ai riconoscimenti del Festival di Berlino, Orso d’Oro nel 1990 per Mister Tao, e la nomination all’Oscar per Cavallette del 1991.

Impossibile non pensare a Caro Diario di Nanni Moretti mentre seguiamo la spensierata corsa in scooter verso la casa alle porte di Bergamo dove la fanciullezza creativa dell’artista ha trovato riparo.

Una volta varcata la soglia protetta dai cartonati tutelari dei personaggi di VIP – Mio fratello superuomo, quello in cui siamo introdotti è un mondo di estrema semplicità, di concentrazione intorno agli affetti e all’amore per la natura, dove ogni nuovo giorno comincia con la ricerca dell’ispirazione.
Perché un disegno, come racconta lo stesso Bozzetto per descrivere la sua avventura umana e professionale, è un’idea con una linea intorno.

Beatrice Rinaldi
Beatrice Rinaldi
Al Rischiatutto porterebbe Alfred Hitchcock, a cena Daniel Auteil.

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