Digitmovies stampa integralmente e per la prima volta l’intera colonna sonora composta da Bruno Nicolai per Le Cauchemars naissent la nuit, il film girato da Jess Franco nel 1970, noto anche con i titoli di Nightmares come at night e Les Yeux de la nuit. Tre tracce delle diciotto complessive presenti nel CD avevano visto la luce all’interno di una libreria sonora pubblicata da Edipan; in questo senso il lavoro di recupero curato da Claudio Fuiano ed Enrico De Gemini è praticamente un restauro integrale dei nastri scovati negli archivi dell’etichetta Italiana. Nicolai per Franco è quasi sempre in bilico tra intrattenimento e sperimentazione ma in questo caso il risultato non ha niente a che vedere con l’acume Jazz di 99 Mujeres o con la sontuosa psichedelia della splendida musica scritta per Marquis de sade (Justine). Le cauchemars naissent la nuit segue l’incedere estremo e radicalmente visionario del suo doppio cinematografico e dichiara sin da subito intenzioni e modalità con Tra sogno e vita, traccia che ritorna con cadenza tematica all’interno della raccolta, ma che in verità è un ossessivo anti-tema, dove un basso dalle reminiscenze prog rimane sullo sfondo con tetra ostinazione, mentre l’orchestra crea una tensione infinita, tappeto sonoro dal quale emergono macerie di temi solo accennati che faranno la loro comparsa completi e formati più avanti durante l’ascolto complessivo; si tratta di un relitto di bossanova accennato da chitarra e percussioni, disattesa dopo pochi secondi da spunti di vario tipo tra cui una serie di cluster pianistici e il residuo di un tema romantico, il tutto elaborato tra sogno memoria e realtà. Il successivo le streghe introduce un nuovo elemento che caratterizza uno degli elementi cardine della colonna sonora; nenia ossessiva ed ipnotica, è sostenuta da un piano in stile vaudeville e da un sax che trascina con se le note di un Jazz lontano. Gli stessi elementi senza la presenza del sax ma con l’introduzione di un ensamble di percussioni tribali, si riverbera in Climax e in tutte le tracce successive fino all’introduzione di Giostra, tema da fiera per organetto e il solito piano sullo sfondo. Anche Infrarosso sfrutta questa decostruzione degli elementi ritmici e di quelli melodici; è un jazz popolaresco di otto minuti sostenuto dal solito sax, il piano vaudeville sollo sfondo e un organo che disegna suggestioni astrali. La bellissima lo specchio mantiene una linea di basso lievissima con un sostegno del piano mentre quello che si riesce a sentire di batteria e archi crea un ambiente sonoro instabile e visionario, fanno da sfondo una serie di droni non facilmente percettibili realizzati attraverso una chitarra in feedback. Il primo momento prettamente lounge è ravvisabile in Cocktail, brano per chitarra classica e organo con una irresistibile batteria di matrice beat che fa emergere gli elementi di intrattenimento da presupposti atonali e contemporaneistici; guida il tutto una chitarra memore di Santana e un piano che tratteggia melodia e ballabilità sul solco del Morricone dei brani più festaioli di Metti una sera a cena. In questo senso è assolutamente sorprendente un pezzo come Verde selvaggio, incursione assolutamente latin con chitarra classica e percussioni ingaggiati in un contrasto scarno ed essenziale, sembra un episodio memore dei giochini bossa di Luis Enriquez Bacalov periodo Anice Nuraghi ma in versione assolutamente decostruita, con tempi e ritmi fratti, angolari, ossessivi, e la solita atmosfera visionaria che introduce piccoli strumenti non convenzionali, il lamento di un sax, e un genere fatto letteralmente a pezzi, cosi da perdere progressivamente i suoi connotati squisitamente bossa per trasformarsi in una session feroce tra sax e percussioni.
Amori è il tema romantico che si affacciava all’inizio sotto forma di maceria all’interno della reverie Tra sogno e vita, in questo caso viene presentato nella sua forma compiuta e sostenuta dal romanticismo di un pianoforte la cui percezione è compromessa dalla presenza morbosa dell’organo; si tratta di un brano romantico contaminato da una malattia sensoriale che ne deforma la fruizione, tra l’altro il tema, a livello prettamente melodico, cita beffardamente una stagione di epicismo western americano, con qualche riferimento al tematismo di Alfred Newman; del resto tutto il lavoro di Nicolai per Le cauchemars naissent la nuit occupa quello spazio scomodo e incerto che si materializza tra il residuo di una classicità lontana, elementi di tradizione popolaresca e una radicale e destrutturante visionarietà. Da riscoprire.