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Ca’ Foscari short film festival 2011, terza e quarta giornata

Molto intensi gli ultimi due giorni di Ca’ Foscari Short Film Festival (sabato 28 e domenica 29 maggio). La proposta è molto variegata in quanto ogni nazione ha il suo specifico repertorio di tematiche e stili da presentare. Segnaliamo qui le pellicole a nostro avviso “più rilevanti” del concorso internazionale e dei programmi speciali. Winter (di Tessa Joosse) è la cronistoria di uno stato di alienazione, con un uomo che se ne va per le vie deserte della città, gridando il suo disagio. Mentre le simmetrie urbane si deformano, alla voce dell’uomo se ne aggiungono altre che sembrano suggerire un messaggio di speranza. Un’invettiva sociale nutrita di simbolismi, il cui maggior pregio è la capacità di sintesi e l’incisività. In Des Murs (di Hayoun Kwon) una ragazza di origine coreana, dopo essersi innamorata di un giovane giapponese, inizia ad interrogarsi sui soprusi subiti dalla sua nazione durante l’occupazione nipponica (1910-1945). Le architetture dell’ex prigione di Seodaimun – ora adibita a museo – si fanno carico di comunicare il dramma dei reclusi anticolonialisti; il tutto filtrato da una forma filmica prossima al video d’arte. Di tutt’altro genere il brillante Viki Ficki (della tedesca Natalie Spinell) – il più amato dal pubblico vista l’interminabile pioggia di applausi – una commedia amara con un figlia che impara ad accettare l’inconsueta professione della madre, una pornoattrice. Una stoccata ai pregiudizi della classe media tedesca, ancorata al puritanesimo protestante, ed un piccolo saggio sulle cose che contano veramente nei rapporti affettivi. La confezione da indipendente potrà sembrare leggermente convenzionale ma alla fine funziona, grazie anche alla vena di eccentricità e all’umorismo stralunato che animano l’intero film. Qualcuno potrebbe dire che si poteva andare più a fondo, dati i temi: ciò non toglie che Viki Ficki sia una delle opere in assoluto più convincenti di questo festival. Il balletto della Porcari in automobile sulle note di Nunovó Tango dei DVA è già cult. Da Singapore arriva Left Hook di Muhammad Salihin bin Ramli, racconto duro con protagonista una giovane donna vittima di un padre padrone che la priva di tutti i suoi guadagni, ottenuti sui ring di incontri clandestini di kickboxing. Brillante esercizio di regia che guarda in alto (Million Dollar Baby) ma anche ad esempi più abbordabili come Girlfight; un po’ superficiale nella critica sociale inerente al maltrattamento e sfruttamento delle donne. Da ricordare assolutamente i due corti che chiudono la serata di sabato, presentati nei programmi speciali Pasinetti e Raro video. Il primo è Torcello, un documentario del ’47 sull’omonima isola veneziana, diretto da Antonio Marzano, Salvatore Danò e supervisionato da Francesco Pasinetti, caratterizzato da uno straordinario afflato pittorico nel trattamento delle geometrie della basilica di Santa Maria Assunta; il secondo ci porta al clima di grande fermento artistico della Via Margutta dei primi anni sessanta, dove soggiornò per qualche tempo la leggenda del jazz Chet Baker. Girato dal pittore, poeta e scrittore Enzo Nasso, Tromba Fredda è un esperimento visivo che parte dalle melanconiche melodie del trombettista statunitense, seguendo quest’ultimo nel suo solitario vagabondare per le periferie romane, in un crescendo di atmosfere metafisiche.

Nella prima tranche di proiezioni di domenica si distingue il corto belga di Rachel Lang, Pour Toi Je Ferai Bataille; ritratto femminile crudo e disincantato che si rifà ai pedinamenti di emarginati dei Dardenne. Dopo una delusione amorosa, una diciannovenne entra in crisi d’identità e cerca un qualcosa che dia di nuovo senso alla sua vita: deciderà di arruolarsi nell’esercito. Un film che stupisce per la maturità dello sguardo e la minuziosa descrizione degli ambienti militari. La seconda tranche di corti in concorso comincia con  Summer & Its Rain di Joshua Simon che trae spunto da Pleasantville per riflettere sul ruolo del colore e dei sentimenti, aggiungendo un discorso non banale sull’atto creativo. Un piccolo sogno tardo-adolescenziale dalle cadenze fiabesche, colmo di brio e delicatezza, che si avvale di alcuni siparietti comici niente male. Dalla solarità di Summer & Its Rain si passa al lacerante I Love You I Love You Not di Maria Elisa Scheidt. Film straziante sulle dure prove che certe coppie devono affrontare, dall’handicap fisico alla malattia mentale. Sfida e rinuncia, pietà ed incapacità di sopportare: la regista sembra voler mettere a fuoco il limite umano, il momento in cui si è ad un passo dal cedimento. Un film che non arretra dinanzi ai particolari sgradevoli, che non fa sconti a nessuno dei suoi personaggi, eliminando qualsiasi artificio retorico. Decisamente, un film aut-aut per il pubblico: o si ama o si odia.

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