domenica, Novembre 17, 2024

Cento anni di Davide Ferrario: la recensione in anteprima

Quattro capitoli alle prese con importanti fatti di rilevanza storica narrano le gesta italiane: dalla disfatta del 1917 alla nascita della Resistenza, dalla strage di Piazza della Loggia a Brescia allo spopolamento odierno del Sud. Le nostre ‘Caporetto’, le sconfitte e la grande lotta per risorgere dalle ceneri.

Cento anni si avvale di un profilo documentaristico anomalo e personale che Davide Ferrario dipinge di una nobile arte approntata non solo ad un quadro scenico più che ricercato e di fine tratto, ma completando la visione con riflessioni mirate e suggestive. Un corpus che abbandona ogni tentativo retorico per riportare lo spettatore ad un fondamentale concetto che permea la nostra società: ogni disastro scaturisce la voglia e il bisogno di riscatto.

Pensiero questo che, malgrado l’insita critica sottostante, porta alla luce un dogma che pervade il nostro Paese ed è la storia stessa a dimostrarlo attraverso la sua concreta memoria.
I morti servono a capire le ragioni per cui sono morti” ed è questo motivo che dovrebbe trovare radici stabili nella coscienza comune, affinché lo schema caduta-risurrezione non sia l’unico moto capace di scuotere il nostro torpore.

Un modello vincente del Novecento, dove ogni ripresa ha visto l’insorgere della dimenticanza circa il motivo della sua azione, generando così la Grande Guerra, il Fascismo, il terrorismo e, non per ultimo, l’attuale abbandono del Sud Italia.

Eppure il nostro dna sembra essere improntato ad un’incredibile capacità di reazione e laddove la tragedia si presenta come estremo emblema di una fase introspettiva necessaria, questa scatena una reazione contrapposta che porta ad una tenacia nel resistere e ricostruire talmente ostinata da delineare un fattore identitario. Una saggezza postuma che il secolo scorso ha pagato a caro prezzo e che, malgrado tutte le avversità, deve rappresentare un dato di riflessione presente e reale.

Un precetto idealistico da colmare tutt’oggi e che ha necessario bisogno di applicazione, nozione che Ferrario introduce allontanando ogni moralismo accademico nella semplice, quanto spontanea, determinazione di oggettive difficoltà che solo una cognizione autentica e tangibile può risolvere, nell’effettiva individuazione della nostra necessità di ‘vivi’: preventivare l’azione imparando da chi è caduto per fornirci questa possibilità, al fine di non rendere inevitabile il dramma ed essenziale e mirata ogni nostra scelta.

Redazione IE Cinema
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