C’è la penna di un veterano del racconto criminale come Richard Price dietro il nuovo film di Daniel Espinosa, a conferma di una volontà di “genere” che alimenta l’operazione combinatoria di Child 44. Tratto dal romanzo scritto da Tom Rob Smith nel 2008 come primo volume di una trilogia annunciata sulla scia dell’interesse della Scott Free di Ridley Scott, si ambienta nella Russia del 1953, negli anni più bui del terrore Staliniano, scenario sul quale vengono sovrapposti gli eventi legati agli efferati omicidi di Andrej Romanovič Čikatilo, il macellaio di Rostov che agiva alla fine degli anni settanta.
La relazione tra due diversi momenti storici dell’Unione Sovietica serve apparentemente a favorire una riflessione sul potere così da spingere i delitti del cittadino x sullo sfondo, osservati fuori campo, intravisti dagli archivi fotografici e occultati dal sistema, nella costruzione scientifica di una connivenza invisibile, come a dimostrare un’origine causale ben più mostruosa, radicata nei crimini di stato.
In realtà, Child 44 non è così lontano dalla furibonda esplosione della superficie in The Counselor, con cui condivide una matrice politica molto simile, utilizzata come pretesto per costruire un cinema dell’occhio, probabilmente molto meno spinto di quello di Scott, ma altrettanto fisico e impostato sulla relazione tra corpo e scenario.
L’interesse di Espinosa/Scott punta allora allo slittamento di senso di ascendenza hard boiled, con Tom Hardy anti-eroe individualista, dentro e contro il sistema, immerso insieme allo spettatore in un universo instabile, costretto ad adottare metodi poco ortodossi e a muoversi sul bordo, dove nessuno può fidarsi degli altri, come in Black Book, dal quale sembra desumere il continuo mutamento dello spazio, senza raggiungere il prodigioso estremismo di Verhoeven.
Tutta la crudeltà del serial killer si riverbera esteriormente nella violenza di stato, nelle esecuzioni per mano dell’ufficiale Vasili Nikitin (Joel Kinnaman), nei furibondi corpo a corpo, come l’esplosione gore che coinvolge l’agente Demidov (Tom Hardy) e sua moglie Raissa (Noomi Rapace), chiusi nel vagone di un treno in movimento, mentre un gruppo di sicari del regime cercano di massacrarli, qui Espinosa mette in scena una brutale e delirante coreografia action a colpi di arma bianca.
Del resto, la presenza plumbea della stessa città, le cui immagini notturne si aprono sul vasto scenario panoramico dominato dalle ciminiere, ha la stessa prospettiva della Los Angeles del 2019, mentre la volontà di Demidov di uscire dall’MGB una volta risolto il caso, per avviare il dipartimento moscovita della omicidi, oltre che a stabilire le basi per la saga a venire, dissolve in modo chiaro il potenziale politico del film nella funzione mitopoietica di un crime novel.