Lola (Pachner) è una consulente aziendale con chiari segni di workaholism, chiamiamola “dipendenza da lavoro”. Sua sorella Conny (Hierzegger, straordinaria) soffre di schizofrenia. E nemmeno la sua capa e amante, Elisa (Hörbiger), sfugge alle pillole, di cui ha la pochette strapiena. Il film di Kreutzer fa la spola tra Vienna, Rostock e Monaco raccontando in linea retta cosa succede a queste tre donne.
Retta ma non rettissima in realtà, visto che malgrado un’estetica da “piedi per terra”, quasi chirurgica nella sua precisione, la regista e sceneggiatrice imbastisce un film misterioso, che ti entra nella pelle senza dover ricorrere a effetti speciali o colpi di teatro. Il plot è banale: partendo da analoghi elementi, Christian Petzold con “Yella” (2007) e Maren Ade con “Toni Erdmann” (2016) hanno tessuto molto di più, il primo mettendo il dito nella piaga dell’ex DDR in modalità sogno, la seconda con una messinscena ipnotica e addossata agli attori che fa passare in un secondo tre ore di film.
Der Boden unter den Füßen non ha queste ambizioni. Ricorda più che altro gli spazi angusti, anche mentali, di “Hotel” (2004) di Jessica Hausner. È un dispositivo che inquieta senza mai minacciare, salvo lasciare piccoli buchi di trama nelle spire cerebrali dello spettatore. Un po’ come le immagini flash dei titoli di coda, sovrapposte alla voce di un Leonard Cohen terminale. L’unico orrore manifesto è il maschilismo sul posto di lavoro che fa breccia in alcune scene.
Marie Kreutzer fa un lavoro eccellente anche grazie alla montatrice Ulrike Kofler, che assembla un dispositivo filmico equilibrato, seducente, ben dotato di ironia, che funziona come un tarlo gentile. Ben due volte nel corso della pellicola Lola si sveglia di soprassalto in primissimo piano, sbarrando gli occhi. Poi fa jogging. La cifra del film è questa.