domenica, Novembre 17, 2024

Directions, Tutto in una notte a Sofia – di Stephan Komandarev: la recensione in anteprima

Quando si esamina un contesto cinematografico, è facile che quella del tassista diventi qualcosa di più che una semplice professione: se una cinepresa insegue un taxi o addirittura, come nel recente Taxi Teheran dell’iraniano Jafar Panahi, è collocata al suo interno, ecco allora che il mezzo di trasporto diventa strumento conoscitivo, attraverso il quale il regista può addentrarsi nel cuore di una città per analizzarne le sfaccettature desiderate.

Naturalmente ogni taxi ha il suo autista e questi può allora diventare il soggetto vivente inquadrato della macchina da presa, colui che può con la sua sola presenza avviare la narrazione attraverso il dialogo con i propri passeggeri, instaurato in un percorso per le arterie stradali che spesso concede ampia possibilità di inquadrare personalità, segreti e intenzioni degli individui accomodati sul sedile. Ma non solo: l’interazione può facilmente permettere considerazioni di ben più ampia portata.

È quel che accade nel film bulgaro Directions, in cui una serie di racconti notturni con protagonisti tassisti si intrecciano creando una rete narrativa dalla quale emerge un omogeneo significato socio-politico, secondo una sensibilità tematica tipica del cinema dell’Est Europa che qui il regista Stephan Komandarev adotta pienamente. È anche vero che la scelta di girare un film prevalentemente notturno suddiviso in molteplici linee narrative, ciascuna dedicata alla corsa di un diverso tassista per le strade della capitale Sofia, non può non ricordare il suggestivo e tragicomico Taxisti di notte (Night on Earth) di Jim Jarmusch, che per la composizione antologica e l’alienante atmosfera “delle ore piccole” sembra un logico precedente cinematografico, con molti punti in comune rispetto al film di Komandarev.

Ma il ritratto di Jarmusch riflette il suo gusto per figure emarginate e per storie crepuscolari che fa di questi tassisti delle sorte di piccoli eroi della malinconica notte: ad interessare al regista sono le loro ambizioni, l’ironia spontanea o le loro lacrime, elementi che ne fanno brillare di luce intensa la propria umanità, colta in attimi ben definiti all’interno del taxi di ciascun personaggio.

Un approccio più lirico e romantico, rispetto a quello più realistico e ruvido scelto da Komandarev. Directions sembra infatti riflettere piuttosto la lezione dei due registi iraniani che hanno precedentemente sfruttato il potenziale cinematografico del taxi, il Kiarostami regista di Dieci e il suo allievo Panahi, autore del citato Taxi Teheran: sono film di natura pseudo-documentaristica (opere di docufiction) da un punto di vista sia tecnico che contenutistico.

Il film di Komandarev si colloca in definitiva a metà strada tra queste due diverse tipologie di racconto. Nel suo lavoro, da un lato si mette in primo piano la personalità di ciascun personaggio, focalizzando lo sguardo sul curioso rapporto che si può instaurare tra autista e passeggero; ecco allora che la cabina del taxi diventa un palcoscenico di deliri e rimpianti, di storie toccanti e tragiche: momenti di sereno dialogo (come quello tra l’unica tassista donna e un chirurgo in attesa di compiere il suo ultimo trapianto in terra bulgara) si alternano a sequenze ricche di tensione drammatica (su tutte quella in cui la tassista riconosce nel successivo passeggero l’uomo che le ha rovinato la carriera e sceglie di vendicarsi).

Ma se in Directions il regista sceglie di mettere a nudo l’intimità di queste figure umane autentiche, lo fa nella consapevolezza di poterne ricavare un quadro più ampio. Le arterie stradali di Sofia raccolgono storie che costituiscono la linfa stessa della città. Una sostanza che prende la forma di parole nei dialoghi scaturiti nei taxi: parole che rivelano vizi e difetti di un Paese dal quale, così si dice nel film, “tutti i pessimisti e i realisti” sono fuggiti, lasciando spazio di governo ad un ottimismo che è, evidentemente, di facciata e illusorio. Corruzione, menzogna, perdita di moralità, violenza e persino perdita di valori ortodossi (una vede protagonista un autista che di giorno fa il prete) emergono dai dialoghi dei personaggi e sono scatenati da interazioni non sempre esclusivamente verbali: assistiamo ad un violento pestaggio, quindi a un omicidio, ma in questa torbida rappresentazione non manca nemmeno l’adolescente che esce da scuola per prostituirsi in pieno giorno.

Questi tassisti bulgari, ai quali il regista assegna il compito di portavoce del disagio nazionale e specialmente di un anti-europeismo molto acceso (e mai come oggi così attuale), coi loro aspri commenti e azioni si scagliano con naturalezza contro la propria classe politica, esprimendo assieme questo forte malcontento nei confronti dell’Europa. Proprio sull’Unione, organismo di Stati di cui questi tassisti lucidamente “realisti” scorgono la decomposizione, Directions, ritratto a tinte fredde della periferia europea, si interroga costantemente.

Il film lo fa senza esclusione di colpi e con un’efficacia che va oltre lo stile documentaristico, illustrando il disagio e la rabbia di un popolo attraverso efficaci passaggi di sceneggiatura e una regia capace di creare alti picchi di tensione. Un obiettivo accomodato sul cruscotto può raccontarci davvero molto e, soprattutto, trasmetterci una sincera vicinanza agli attori e alle problematiche emerse dalle loro interpretazioni.

Michele Bellantuono
Michele Bellantuono
Veronese classe '91, laureato in Filologia moderna e studioso di cinema autodidatta, svolge da alcuni anni attività di critica cinematografica per realtà online. Ha un occhio di riguardo per il cinema di genere e dell'estremo oriente

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