Una carrozzina rovesciata tra le sterpaglie del West. Due ranger si avvicinano a cavallo e uno dice: “Tranquillo, a piedi non andrà molto lontano”. Ecco spiegato, oltre al titolo, lo spirito del vignettista di Portland John Callahan (1951-2010), cui Gus Van Sant Jr. dedica un biopic sentito e coinvolgente.
Da vent’anni, ormai, il regista cova il progetto di raccontare la vita e l’arte di Callahan. È merito di Robin Williams se Van Sant si è imbattuto nell’autobiografia del vignettista, uscita nel 1989 col medesimo titolo. Raccontata mediante un complesso — ma non fastidioso — incastro di flashback, la storia di Dont Worry, He Wont Get Far on Foot copre circa un decennio e si concentra sulla doppia riabilitazione del protagonista. Callahan divenne tetraplegico nel 1972 in seguito a un incidente automobilistico che concluse una serata di bevute. Nel film è tuttavia subito evidente come la sua vera disabilità fosse l’alcolismo. In questo senso, Van Sant ci consegna una pellicola degna dell’alveo di “The Lost Weekend” (1945) di Billy Wilder o di “Alki Alki” di Axel Ranisch.
Dont Worry rientra senza dubbio nel filone “buoni sentimenti” di Van Sant, ma riesce anche a essere caustico e moderatamente sperimentale. Sul piano stilistico, il regista conferma la sua predilezione per gli split screen, arrivando a proporne una carrellata — prima orizzontale, poi verticale — che ricorda le sigle dei telefilm dell’epoca. Il curaro sprizza invece dai pennarelli di Callahan, le cui vignette essenziali e tremolanti sfidarono (e sfidano tuttora: google immagini ne è testimone) i dettami del politicamente corretto. Alcune di queste vignette diventano animazioni lampo a metà strada tra Jane Campion e Cavandoli.
La propensione di Van Sant per le figure borderline trova qui terreno fertile: oltre al protagonista, di cui Phoenix restituisce a meraviglia l’animo corsaro, Jonah Hill brilla nei panni di una specie di Gesù straricco e frocio, santone degli incontri degli alcolisti anonimi. Nella sua orbita, e nella stessa stanza, incontriamo sagome del calibro dì Beth Ditto e Udo Kier. Jack Black ha il ruolo da tregenda del compagno di bevute di John.
Dont Worry, He Wont Get Far on Foot ci restituisce un Gus Van Sant in ottima forma, capace di sovraccaricare il racconto come un acrobata coi piatti e di portarlo a conclusione senza cocci. Si ride, si piange, si riflette un bel po’. Come suolsi dire: da vedere.