Lee Je-yong cambia nuovamente registro e dopo il delirante Dasepo Naughty Girls costruisce una sorta di Mockumentary mettendo insieme sei tra le più affermate attrici del cinema Coreano seguite a distanza di sicurezza durante la realizzazione di un servizio fotografico per lo staff di Vogue. Ko Hyun-jung ( Good Lawyer’s wife), Choi Ji-woo (Shadowless word), Yoon Yeo-jung (The Road Home), Lee Mi-sook (Untold Scandal), Kim Min-hee (Hellcats) e Kim Ok-vin (Thirst) si muovono tra i camerini, il set approntato dalla nota rivista di moda e una lunghissima sequenza dove festeggiano il natale all’interno del set, tutte quante raccolte intorno ad un tavolo con alcune bottiglie di Dom Pérignon e del cibo improvvisato. E’ lo stesso Lee Je-yong che ha parlato di affinità con un’improvvisazione di tipo Jazzistico; un film con uno script fragilissimo, pochissime istruzioni e gli assolo delle sei attrici come forza propulsiva; una scelta che permette al regista coreano di lavorare a distanza, come connettore invisibile o semplicemente nella funzione di un documentarista etnografico che sceglie il pedinamento discreto, la distanza che restituisce l’immagine di un quadro complessivo. Il confine tra simulazione e documentazione si sovrappone; totalmente fuori dalla sindrome del reality Actresses sembra recuperare la forza e la noia ipnotica di certo Cassavetes; distanza dell’occhio che è anche vicinanza emotiva, strano equilibrio dei piani della visione filmati con splendida incertezza; sembra quasi che vi sia un tentativo di avvicinamento alla forma del melò attraverso l’assorbimento di ogni verticalismo; risultato della Jam Session tra corpi e un occhio che registra e cerca di riorganizzare un racconto che è sempre tenero, commovente, leggero, fatto di oscillazioni impercettibili nel rivelare il passaggio di questi volti dalle ansie quotidiane all’esperienza di trasformazione del set.