Ecco di nuovo Sacha Baron Cohen con la consueta trasfigurazione della realtà politica e sociale attraverso il gusto estremo per l’eccesso. Complica la visione di Grimsby la regia di Louis Leterrier, che a tre anni di distanza dal suo film più ricco, eccessivo e stimolante, Now You See Me – I maghi del crimine, traspone quel gioco continuo di slittamenti di senso e illusionismi in un dispositivo maggiormente semplificato nella dinamica dell’equivoco e dello scambio identitario.
Baron Cohen è uno sgangherato hooligan che vive nella provincia britannica più misera. Nove figli a carico, una compagna oversize (l’incredibile Rebel Wilson) e un fratello nei ricordi, da cui si è separato in giovane età dopo la morte dei genitori. Dopo un incipit “totally brit”, accompagnato dai blur di Parklife, filmato in modo volutamente sporco e con qualche zoom a schiaffo per simulare il cinema della realtà, Letettier si sposta dalle parti di un complotto internazionale seguendo le gesta di un agente governativo e cavalcando un’esplicita parodia del cinema ultra soggettivo di Ilya Naishuller, riguardo al quale, ne siamo sicuri, a breve non ne potremo più. Tra spinte cinetiche alla Smack My Bitch Up (diamo a Cesare….) in salsa “hardcore” e la vita nei pub della provincia inglese, i due si incontreranno durante un convegno umanitario dove Rhonda George (Penélope Cruz) si appresta ad ingannare un’intera platea sui buoni propositi per eliminare il divario sociale nel mondo. Baron Cohen compie proprio in quel luogo il primo danno riconoscendo il fratello nell’agente segreto dell’MI6, dopo essersi divertito in modo scorretto e volgarissimo con il cartonato di un bimbo del terzo mondo, giusto per raccontarci che dietro i buoni propositi di alcune organizzazioni non governative può nascondersi un mercato più spietato degli altri. Ma Grimsby non va di certo così a fondo, preferendo l’aspetto più catastrofico del buddy movie e sovrapponendo alla confezione tra action e commedia la proliferazione delle gag a sfondo sessuale, ovviamente eccessive, disgustose, scatologiche, spermatiche e via dicendo.
A scanso di equivoci, i film precedenti scritti dal comico Londinese (Borat, Brüno, Il dittatore), tutti diretti da Larry Charles, erano decisamente inferiori a questo sopratutto in termini di ritmo. Con Leterrier sembra che Cohen abbia trovato un solido regista di mestiere, capace di tradurre visivamente il gusto per la scorrettezza di grana grossa, e in questo senso alcune gag sono davvero irresistibili, nonostante il film venga volutamente tirato verso il basso mettendo al centro il sesso, unica preoccupazione vera di Baron Cohen.
Grimsby lo si potrebbe guardare anche da una prospettiva omoerotica, tanto sono gli incontri dei due fratelli in questo senso, inclusa l’esplosiva e conclusiva deflorazione anale, ma non è questo che ci interessa nel frullatore sgangherato di generi che viene messo sul piatto, compreso l’universo Bond rivisto attraverso produzioni come Kingsman, cercando anche di prelevare da questo un certo spirito finto-punk, con la colonna sonora giusta al punto giusto.
Ecco allora che Letellier si fa sentire sopra la voce ingombrante di Baron Cohen proprio per il gusto “visual” che caratterizza il suo cinema: lo scroto ingrossato di Sebastian (Mark Strong) sulla faccia di Cohen, i cazzi giganti degli elefanti che entrano nella vagina della femmina, il bagno nello sperma, i peli del pube che diventano barba, i razzi con la punta rossa nel culo, l’aids che entra in circolo dentro l’organismo di Donald Trump, presente allo stadio nella delirante finale in Sudafrica, ma rappresentato (ed è assolutamente geniale) come una sagoma di cartone.
Il gusto per l’orpello, l’architettura scenica, l’oggetto ultra visibile del set Letellier, oltre che dal suo cinema “illusionistico”, sembra prenderlo in prestito dalla stagione migliore di Zucker-Abrahams-Zucker, che con gli oggetti “giganti” ed estremizzati, avevano creato una poetica straordinaria.
Ovviamente in questo caso è un pallido riflesso che ogni tanto fa brillare un film altrimenti inserito in un vicolo senza uscita. La passione di Cohen per il suo cinema è identica a quella dei bambini per la cacca. Lasciamolo giocare