Diretto da Claudio Poli su soggetto di Didi Gnocchi e sceneggiatura di Sabina Fedeli e Arianna Marelli, con musiche di Remo Anzovino, Hitler contro Picasso e gli altri. L’ossessione nazista per l’arte è prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital con la partecipazione di Sky Arte HD ed è stato distribuito al cinema solo per due giorni, il 13 e 14 marzo. Il grande successo al botteghino ha consentito ai distributori di replicare il prossimo 17 aprile.
Un documentario complesso e ricco di informazioni, che cerca di risolvere alcuni interrogativi tutt’ora rimasti irrisolti: qual è stato esattamente il ruolo dell’arte nel regime nazista? Ha effettivamente avuto un ruolo centrale per la costruzione dell’ideologia? E perché tanta brama di accumulare un così vasto patrimonio artistico?
Attraverso l’analisi di una vasta documentazione accompagnata da numerose interviste, “Hitler Vs Picasso and the others” cerca soprattutto di capire quali sono stati i passaggi fondamentali per la costruzione dell’identità e del mito del nazismo sotto il singolare punto di vista dell’arte, soffermandosi in particolar modo sulle collezioni private dei membri degli alti ranghi del partito e sulle modalità brutali con cui venivano trafugate le stesse opere d’arte.
Capiamo così che l’espressione artistica era diventata una caratteristica imprescindibile per l’affermazione dell’ideologia dominante. Per gli uomini del Reich infatti esisteva un solo tipo di arte cosi come un solo tipo di bellezza, il resto veniva categoricamente censurato e perseguitato. Tutto quello che non corrispondeva a questi canoni, era da eliminare dal mondo e dalla dimensione creativa. Una ferrea convinzione che non era tuttavia priva di contraddizioni, dato che nella collezione privata del ministro della propaganda del Terzo Reich Goebels non mancavano opere espressioniste di grandi artisti come Max Beckmann.
Perché tutto ciò che era diverso, espressionista, innovativo e non conforme ai canoni classici, veniva proposto e mostrato al pubblico come una possibile minaccia all’estetica del Reich e alla stessa ideologia Hitleriana, rientrando sotto la denominazione di “arte degenerata”.
A sostegno di questa tesi un libro pubblicato nel 1928, scritto dal professore e architetto Paul Schultze-Naumburg. “Arte e razza” esamina infatti in maniera dettagliata l’analogia tra i casi clinici e i lavori dell’arte moderna. L’obiettivo era creare una connessione visiva tra l’arte, la malattia e l’inferiorità raziale.
Insomma un documentario che decide di raccontare un’altra guerra, una guerra secondaria ma non meno importante: la “guerra dell’arte” nonché il più grande furto d’arte del Novecento. A condurci negli aspetti più oscuri di questa storia un incredibile Toni Servillo, accompagnato dalle note del pianista Remo Anzovino che rendono l’andamento del film ancora più emozionante e coinvolgente.