venerdì, Novembre 22, 2024

Il vortice di Péter Forgács (Ungheria, 1996): recensione

Az örvény è una sezione da Private Hungary, monumentale video-opera fatta di film nati dal montaggio di pellicole amatoriali e filmini appartenenti ad alcune famiglie magiare di origine ebraica.

Az örvény è una sezione da Private Hungary, monumentale video-opera fatta di film nati dal montaggio di pellicole amatoriali e filmini appartenenti ad alcune famiglie magiare di origine ebraica.

L’intera raccolta di Private Hungary conta quindici pellicole che raccontano un arco di 60 anni, dal 1920 al 1980, e Shoah, momenti della Seconda guerra mondiale, politica dello Stato magiaro, rivoluzione e regime sovietico ci sono tutti. Protagonista di Az örvény è  György (Gyuri) Petö, cittadino di Szeged, musicista e uomo d’affari, giovane gaudente e buon tennista che, da cineamatore, nel ’37 compra l’attrezzatura 8 mm per le riprese e filma per sei anni famiglia e amici nella vita quotidiana. Il materiale che Forgàcs decide di montare diventa così un eccezionale documento di ciò che rimane nascosto nelle pieghe della grande Storia, sfuggente e spesso reso impalpabile dal passare del tempo.

Degli eventi umani restano le grandi compilazioni storiografiche o l’arte che rielabora, interpreta e sublima, ma della vita che ogni giorno continua a scorrere con le sue piccole  trame, di solito banali, è difficile che rimanga qualcosa, a volte diari, certo tanta carta stampata, ma l’archeologia delle immagini è questa, e Forgàcs affida a didascalie e a letture fuori campo il compito di affiancare l’opera di montaggio che rende Storia semplici e muti quadretti di serena vita quotidiana.

Le musiche di Tibor Szemzö e canti ebraici di malinconica bellezza, spesso canti di Sinagoga, completano il quadro. I filmati di Gyuri  hanno avuto il triste destino di essere stati girati nei sei anni peggiori della storia del ‘900, ma nessuno dei protagonisti sembra accorgersene. Continuano a nascere figli, si festeggiano compleanni e si va a battute di caccia alla lepre sul Tibisco gelato, si gioca a tennis e si nuota felici d’estate, Gyuri si produce perfino in una ripresa un po’ hard dell’amante nella vasca da bagno, c’è tutto il repertorio che oggi allieterebbe una riunione di vecchi amici in vena di ricordi. Il dramma è che quasi tutte quelle facce sono sparite nei lager, solo Gyuri e la moglie Eva sono sopravvissuti e Katy, la figlia, è nata nel ’46, dunque il lavoro di Forgàcs è consistito nel mettere in parallelo scene di vita qualsiasi con le gigantesche ondate che si stavano abbattendo sull’Europa in quegli anni.

Impercettibilmente, ma senza tregua, anno dopo anno, quelle vite sono state travolte dal vortice, le didascalie aggiungono numeri a numeri, fino a 450.000 deportati ad Auschwitz nel ’44, “sotto la direzione di Eichmann, la pubblica amministrazione e la gendarmeria ungherese”. Si cominciò con le leggi razziali, prima più morbide, man mano più persecutorie, infine venne emanato il decreto costitutivo dei ghetti, dove “con rapidità esemplare vennero chiusi gli ebrei dopo la confisca di tutti i beni”. Facce sorridenti, riprese a bordo di piccole imbarcazioni  da diporto o al ballo con le belle ragazze del posto, le vediamo poi nei campi di lavoro coatto per ebrei.

Eppure, ancora sembrano non rendersi conto fino in fondo di quello che accadrà, che già sta  accadendo. Si mettono in posa davanti alla cinepresa, fanno i soliti scherzi di quando si scatta una foto di gruppo, “apparentemente tutto è normale e tutti sono normali”, recita una didascalia. Una legge dopo l’altra, tutta la comunità ebraica ungherese viene travolta, vediamo sfilare gli ultimi 30.000 ebrei per le strade di Budapest, silenziosi, le braccia alzate, la croce gialla sul cappotto, le Croci Frecciate, ungheresi come loro, li spingono, e in mezzo ci sono gli stessi che solo pochi anni prima brindavano sereni con dell’ottimo Tokay. L’effetto su chi guarda è forte, la distanza etica dello spettatore costringe a riflettere, e quello che si pensa non ha parole, è l’orrore di chi vede rispecchiare sé stesso e la sua semplice vita  in quelle immagini.

Paola Di Giuseppe
Paola Di Giuseppe
Paola di Giuseppe ha compiuto studi classici e si occupa di cinema scrivendo per questo e altri siti on line.

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