Ecco come cominciare una nuova stagione cinematografica: uomini duri, botte, esplosioni e freddure. Il tutto amplificato all’ ennesima potenza, perché si sa, in America tutto è più grande, e questa pellicola cos’ altro è, se non una celebrazione dei fasti reaganiani degli anni 80, riletti con più ironia e meno anticomunismo. Cos’ altro se non un lungamente atteso ritorno (e rinnovo) di quel modello di Action Movie tutto muscoli che ha forgiato le infanzie delle nostra generazione, generando forti complessi di inferiorità ma anche un innegabile senso del ritmo. I segnali del ritorno in auge del genere continuavano ad arrivare, quasi in sordina, da tutta l’ estate, ne avevamo parlato anche all’ uscita di Predators. Lo aspettavamo tutti, dal cinefilo all’ operaio, finalmente è arrivato. Staremo a vedere quali strani processi comportamentali innescherà, se lo vedranno, ai ragazzini di oggi. A dire il vero questo I Mercenari offre anche diversi argomenti da trattare in più che per essere pignoli occorrerà sviscerare uno ad uno, ma prima, la trama (tanto non verranno sprecati troppi caratteri per raccontarla). Dunque un team di mercenari, al soldo del committente di turno (in questo caso un elegante Bruce Willis, agente CIA), capitanati da Barney Ross, ovvero Stallone, si trovano a dover rovesciare un regime militare in un isola (Vilena) del Golfo dei Caraibi. Laddove il generale Garza è a sua volta alle dipendenze del malvagio e corrotto ex agente CIA James Monroe, trafficante di coca. Bla bla bla, i nostri, in 5 distruggeranno un esercito, l’ isola, i bastardi e salveranno anche una bella ragazza. Possiamo principalmente leggere il tutto come un ideale passaggio di consegna tra gli eroi del vecchio e del nuovo Action. Gli esempi non mancano. Mickey Rourke è Tool, tatuatore e procuratore degli ingaggi della squadra di Stallone & co. Ha chiuso con l’ azione diretta, perché ormai, non ha più veri ideali da difendere e non crede più nella giustizia. Dopo aver visto e vissuto tanta morte e tanto sangue e non avere più pietà per niente e nessuno. Oltre ad essere decisamente una maschera di cera al sole (ma il disfacimento del sex symbol di 9 settimane e ½, congiunto a quello del regista e sceneggiatore ex Rambo & Rocky dal labbro sinistro ormai totalmente fuori controllo, non fanno altro che “alimentare” la sostanza del personaggio). Che dire delle meravigliose comparsate di Willis e Schwarzenegger.. Il primo (nome in codice Mr Church) si limita fare uno dei suoi sorrisi enigmatici e spararci una freddura in stile (“Se mi prendete per il culo, chiamo i miei uomini, e faccio fare polpettine per cani con la vostra carne rancida”), copia di un sé stesso mai troppo inflazionato come gli altri due top three del film d’ azione. Li chiama così entrambi a raccolta e chiede loro chi ha intenzione di accettare la missione. Anche Schwarzy è infatti il capitano di una squadra di mercenari e si chiama Trench Mouse, come dire, Rambo contro Commando. Ma decide di ritirarsi. Il perché ce lo dice Barney Ross: “vuole fare il presidente”. Ipse Dixit. Chi manca? Ah si, Dolph “ti spiezzo in due” Lundgren, membro degli Expendables, viene cacciato perché si droga troppo (E anche qui non ci vuole molto a fare il parallelo con la vita reale), tradisce i suoi ex compagni ma sul punto di morte si pente. Jet Li si confronta al contrario con un cinema che non è mai stato il suo ma a cui è stato anche altre volte “prestato”, perché a Hong Kong le cose si fanno con meno proiettili e più acrobazie, e pur piccolo, se la cava, anche se, parole del suo personaggio, Ying Yang (!!!), “per lui è tutto più difficile”. E poi le nuove leve. Scelte con minuzia dal gran capo. un campionario di facce note dello sport più muscolare d’ America e attori in cerca di definitiva consacrazione e ammissione nel club dei duri. Tra i buoni Randy Couture (ex lottatore, ossessionato dal suo orecchio a cavolfiore), Terry Crews (uno dei migliori giocatori di football americano degli anni 90, ma ormai attore provetto, nel film è Hale Ceasar, esperto di lanciarazzi) ma soprattutto Jason Statham alias Lee Christmas, il vincitore morale del film. Il feticcio di Guy Ritchie (entrambi si devono molto) è praticamente la reincarnazione del Bruce Willis di Die Hard, specie quando, in moto, col bomber da aviatore e il casco, riconquista una ragazza un po’ prodiga, la bella Charisma Capenter, spaccando di botte il ragazzo-contendente che l’ aveva picchiata. L’ “inglesaccio” va forte e picchia duro, e la faccia e la testa calda e dura da hooligan non lo tradiscono mai. Tra i cattivi spiccano invece il “ripescato” e “fratello d’ arte” Eric Roberts, nella parte di James Monroe e il suo fido gorilla, l’ ex wrestler “Stone Cold” Steve Austin, un vero osso duro. La bella da salvare è invece Giselle Itié, quasi un’ esordiente. Non è un film per donne. In compenso ce n’ è per tutti. Durata: un’ ora e mezza. La perfezione. Accenni ai vissuti personali, un po’ d’ amarcord dei protagonisti, e poi virare dritto verso tanta, tanta, tanta azione. Scene maestose, grossolane e pacchiane, che avevamo da tempo voglia di ri-vedere, in cui Rambo se la cava alla grande, da attore e da regista, nonostante un’ età e un fisico non più nel fiore. In cui il sangue e gli spappolamenti alla Ken Shiro (o forse filtrati dalla lezione pulp di Tarantino e Rodriguez), unica innovazione nel genere, amplificano la spettacolarità, senza degradarne il livello (del resto non si fa certo filosofia dei massimi sistemi). E si che il buon Stallone aveva già provato a rimettersi in gioco, con il crepuscolare ritorno di Rocky Balboa in un film commovente fatto di fantasmi e apparizioni e con il sequel-parodia John Rambo figlio dello stesso ceppo di ritornanti, ma probabilmente meno riuscito. I Mercenari è bellissimo. Obbligatorio però non lasciarsi fregare dagli stessi giudizi che hanno per anni (specie nel nostro paese) sacrificato il miglior cinema di genere. La morale non c’ è. L’ ideologia nemmeno. Si tratta di Cinema (il maiuscolo non è a caso), puro, militante per purezza, non di Vangelo. Però una sintesi per disvelare un possibile sottotesto mi viene in mente: perché operare col bisturi, quando hai a disposizione una motosega?