Un film di soli 30 secondi: un uomo che sta preparando una festa in uno splendido castello, con ballerine, giocolieri, dj e un open bar immacolato dove spicca il rosso del Campari in una teoria di bottiglie. Questo l’ultimo spot della azienda di bevande nata a Novara nel 1860 che ha alle sue spalle una lunga e fortunata serie di collaborazioni di prestigio per ciò che riguarda la comunicazione, inaugurata dall’incontro con il futurista Fortunato Depero nel 1926.
Il 2012 è l’anno del regista americano Joel Schumacher che ha presentato il suo spot insieme al director’s cut e al backstage al Festival Internazionale del Film di Roma.
«Troppo corto!» esclama ridendo il regista di Batman Forever e Tigerland dopo la proiezione dello spot che ha raccontato: «Io non avevo alle spalle una grande esperienza con i commercial e mi sono stupito nell’apprendere quanto può costare un film di 30 secondi. Questo è il primo spot italiano che realizzo. Abbiamo girato a Praga, che oltre ad essere una città bellissima ha in più il vantaggio di aver dei costi molto più bassi, in un castello dove Antonio Piciulo il nostro production designer ha creato lo splendido bar che si vede nello spot in una salone bianco.»
Joel Schumacher ha proseguito con un’interessante riflessione sul mercato della pubblicità e della sempre maggior contaminazione con l’industria cinematografica: «Quando un star americana di grosso calibro gira uno spot in genere vuole la garanzia che questo non venga trasmesso negli Stati Uniti pensando che sia qualcosa che va a sminuire il suo valore artistico. Ma io ho riscontrato che è una cosa che riguarda soprattutto gli uomini perché tutte le volte che ho realizzato pubblicità con attrici il progetto era sempre teso a celebrare la loro bellezza, quindi solitamente loro sono felici che la campagna abbia una grossa distribuzione. La mia posizione è sempre stata quella di non considerare gli spot un’operazione di serie B perché è qualcosa che va contro il vero significato del mestiere di un buon regista: dare il proprio contributo ad un progetto, sia che si tratti di mettere in scena Shakespeare che di girare uno spot.»
Schumacher ricorda a questo proposito i suoi inizi: «Il mio primo lavoro è stato quello di costumista che è una delle tante strade attraverso le quali approcciarsi al cinema; ho lavorato in Interiors e Il dormiglione entrambi diretti da Woody Allen dal quale ho imparato una lezione importantissima per chi fa il nostro mestiere: tenere sempre in considerazione l’opinione di tutti sul set perché tutti lavoriamo ad un obbiettivo comune e cioè quello di realizzare un buon film.»
Sui colleghi che hanno iniziato proprio con la direzione di commercial: «Sono tanti i registi che ammiro che hanno cominciato con la pubblicità, penso a Ridley Scott e a David Fincher. Per me il percorso inverso non è stato facile. Credo che in questo senso il futuro sia rappresentato da JJ Abrams, che è un mio buon amico. Ammiro il modo in cui si dedica alla pubblicità virale sfruttando tutti i mezzi di comunicazione. È sicuramente una scelta vincente perché il fine ultimo del nostro lavoro è riuscire ad essere apprezzati dal maggior numero di persone possibile.»
Sullo spot Campari il regista aggiunge: «Il concept è quello di ricreare una situazione di aspettativa, come l’organizzazione di una grande festa appunto. Lo slogan è stato formulato parafrasando il pensiero del filosofo tedesco Lessing che sosteneva che il piacere sta nell’attesa. Chiunque abbia avuto a che fare col sesso sa a cosa si riferisce!» conclude scherzando Joel Schumacher.