Eddy è appena uscito di galera, e alla ricerca di un posto dove stare decide di chiedere ospitalità all’amico di origini algerine Osman. I due si conoscono da tempo e hanno un legame fraterno di cui comprenderemo la profondità strada facendo. La moglie di Osman è in ospedale e mentre l’uomo deve pensare a lei e al suo lavoro, Eddy, in cambio dell’ospitalità ricevuta, si prenderà cura di Samira, la figlia di sette anni dell’amico.
Mentre i morsi del freddo e la povertà della strana coppia cominceranno a diventare pesanti, nella notte di natale del 1977 viene annunciata la morte di Charlie Chaplin alla televisione. Eddy, per risolvere i problemi di Osman, in seria difficoltà per il costo dell’operazione necessaria alla guarigione della moglie, escogiterà un piano completamente folle: trafugare il cadavere di Charlie Chaplin e dopo averlo nascosto, chiedere un riscatto alla famiglia.
Xavier Beauvois a quattro anni di distanza da “Uomini di dio” adatta un’episodio di cronaca tornando a collaborare con lo sceneggiatore/produttore Etienne Comar ma rovesciando radicalmente una prassi, che a partire da “N’oublie pas que tu vas mourir“, aveva raggiunto una progressiva rarefazione stilistica. Al contrario, “La rançon de la gloire” sottolinea la presenza marcata di uno stile con il recupero esibito del cinema Chapliniano in una commedia che ha decisamente molti punti di contatto con il cinema francese di genere degli anni ’70, non solo in virtù dell’ambientazione storica ma per atmosfera e situazioni che sembrano alludere nostalgicamente alle performance ludiche di De Funes o alle prime commedie di Claude Zidi, senza quella carica demenziale che faceva da propellente alle avventure della “banda” dei Les Charlots.
Con l’aiuto di un veterano come Michel Legrand, Beauvois sovrappone pesantemente la musica a momenti di esasperazione gestuale, recupera il mondo retoricamente magico del circo, e affida al talento di Benoît Poelvoorde il compito di porre al centro i momenti di clownerie più esplosiva, fino alla sovrapposizione della maschera di Charlot con la sua. Un passaggio di testimone che pervade lo spirito del film in una forma che poteva risolversi in un’interessante disseminazione, ma che al contrario diventa una riproposizione statica di motivi Chapliniani, moltiplicati forse con l’intenzione di realizzare niente più di un omaggio.
Xavier Beauvois sceglie una serie di connessioni sin troppo evidenti, fino a quell’albero della vita che Dolores Chaplin, la nipote del grande attore/regista, osserva con la pesantezza di uno stucchevole messaggio di conciliazione, al posto della quarta moglie di Chaplin, Oona O’Neill, che secondo la cronaca del tempo, invece di farsi commuovere non volle affatto trattare con due volgari ladri di cadaveri.