venerdì, Novembre 22, 2024

Il professor cenerentolo di Leonardo Pieraccioni: la recensione

Non è crepuscolare come  “Un fantastico via vai“, ma lo spirito di quei personaggi sospesi in una dimensione quasi atemporale sembra caratterizzare anche le figure del nuovo film di Leonardo Pieraccioni. Nella quadratura quasi televisiva della location insulare, piccolo universo circoscritto simile al contesto narrativo di molte fiction nostrali, il regista toscano inserisce una serie di infrazioni alla regola che trascinano tutte le figure principali ai margini di questa stessa cornice.

Il direttore del carcere (Flavio Insinna) i compari dello stesso Umberto tra cui sicuramente spicca Tinto (Massimo Ceccherini), la sposa rumena oversize (Emanuela Aurizi), Arnaldino (Davide Marotta) e su tutti la bella Morgana (Laura Chiatti)  sembrano oltrepassare quel confine oltre il quale si è costantemente fuori posto, mal sincronizzati e protagonisti di una realtà che non trova alcuna collocazione in quella riconosciuta. Su questa sconnessione Pieraccioni lavora certamente in modo esplicito a partire dai rapporti che il suo personaggio intrattiene con la famiglia e che nella sua avventura detentiva in qualche modo si riverberano nella rappresentazione del carcere, descritto con toni del tutto fiabeschi e familistici, completamente difformi da quell’assenza di welfare che ha generato le nostre discariche sociali. La prigione sembra rappresentare per il professor Umberto un’occasione sociale mai vissuta, la possibilità di costruire delle piccole relazioni comunitarie incluso il percorso obbligato che ogni giorno lo porta a lavorare insieme ad Arnaldino, bibliotecario nano di una struttura comunale.

E in questa famiglia Umberto gira anche un film, come se in fondo fosse la messa in abisso di quella prassi giocosa che anima la scrittura condivisa con Veronesi e Costanzo. Meglio allora un cinema quasi da camera, così aderente ma anche così distante dal contesto televisivo, proprio per quella marcata ricerca dell’imperfezione di cui si diceva e che a un certo punto scombina la compostezza del quadretto.

E se Morgana è esplicitamente descritta con qualche rotella fuori posto, sfacciatissima e con una serie di tic completamente bislacchi, questa surrealtà casereccia investe la follia delirante di Ceccherini, l’incredibile cameo della Aurizi, neosposa attratta dal membro di Tito e anche il temibile Hannibal, pericoloso mangiatore di falangi ex compagno della ragazza, capace di una tenerezza tra l’infantilismo e la demenza ma pronto ad uccidere quando viene fatto il nome del suo compaesano, Matteo Renzi.

Nello spazio strapaesano di alcune commedie italiane, Pieraccioni evita il rischio cartolinesco di certe oleografie, giocando con più amore con questi personaggi fuori posto, piccole scordature  vitali in uno spazio ancora troppo chiuso.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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