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Il ragazzo che diventerà re di Joe Cornish: la recensione

La favola mitica non può essere storia esemplare senza lo slancio di meraviglia. Il racconto che abbraccia il mitologico, l’afflato incantato, il fantasy e allo stesso tempo vuole fare didattica per i più piccoli deve comunicare con il loro sguardo attraverso una messa in scena toccata dalla logica dell’emozione, prima che dalla verosimiglianza necessaria agli adulti per immedesimarsi. La storia educativa tratta dal mito deve essere un trampolino su cui saltare, per essere sollevati dal senso magico e per raggiungere un contenuto che è posto più in alto della mezz’altezza degli sguardi quotidiani che non credono più all’impossibile e al cambiamento. Il modo migliore di comunicare l’universale etico e il particolare dell’azione morale giusta, rispettosa e benevola nei confronti degli affetti è quindi utilizzare una grande metafora che può essere letta come una parabola educativa contenente significato o anche come una semplice storia immaginifica, capace di sostenere se stessa.

Ne Il ragazzo che diventerà re Joe Cornish segue questo codice e piega, su commissione ma con creatività, un immaginario che sopravvive alla didattica e allo stesso tempo la potenzia. Lo fa adattando la leggenda di Re Artù, dei cavalieri della tavola rotonda e della loro battaglia contro la strega Morgana ai giorni di una contemporaneità critica, sollevando la storia a piattaforma metaforica perfetta: per costruire una parabola educativa interessata a trasmettere l’universale etico e il particolare dell’azione morale, e allo stesso tempo ragionare sulla necessità dell’assunzione delle responsabilità all’interno di una società incerta sulla propria identità e sulle proprie azioni.

[perfectpullquote align=”full” bordertop=”false” cite=”” link=”” color=”#d38613″ class=”” size=””]La storia di Alex, dodicenne che scopre di essere possessore di Excalibur, e di alcuni suoi compagni di scuola infatti non segue solo le avventure di bambini improvvisamente destinati a proteggere il mondo dal male ma anche e soprattutto gli snodi di una maturazione che deve fare i conti con gli errori delle generazioni passate e l’ingiustizia di un mondo che ha dimenticato i valori “cavallereschi”.[/perfectpullquote]

Il precipitato epico della leggenda affiora – malgrado qualche momento troppo ingenuo – proprio nel coinvolgimento emotivo dei protagonisti, lungo un percorso a ostacoli che si rivela studiato per fare crescere i personaggi a colpi di mitologia del ciclo arturiano. Mentre le insidie degli antagonisti costringono al gioco di squadra e i consigli dei maghi antichi (Patrick Stewart è il Merlino invecchiato) illustrano le virtù morali, il viaggio dell’eroe – interpretato da Louise Ashbourne Serkis – si irrobustisce per la propria doppia natura e per i propri significati sovrapposti: avventura contro un pericolo che si rivela mostruoso sia nelle sue fattezze stregonesche sia nei suoi significati metaforici (Brexit?) e cammino diretto verso la dolorosa ma anche illuminante accettazione della propria identità nel mondo; favola immortale adattata per un richiamo alle armi della fantasia e parabola educativa impegnata nella costruzione di un messaggio per le generazioni che saranno decisive nel futuro prossimo della società. Epica ed educazione unite nel morbidissimo taglio della spada.

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