venerdì, Novembre 22, 2024

Il ragazzo della porta accanto di Rob Cohen: la recensione

Un veterano come Rob Cohen è per forza passato attraverso quella reazione a catena innescata da Fatal attraction, il film diretto da Adrian Lyne nel 1987 e che negli anni successivi ha aperto la strada a titoli decisamente più densi come La mano sulla culla di Curtis Hanson e il bellissimo L’albero del male di William Friedkin; mine piazzate al centro del cuore famigliare pronte ad esplodere in tutta la loro forza visionaria e politica.

Se c’è qualcosa che rimane ancora forte nel film di Lyne, allora maltrattatissimo, è lo scontro fisico Close / Douglas, nonostante i tentativi di Howard Atherton nel patinare l’immagine e condotto con una notevole forza di tipo “basico”, la stessa che Joe Eszterhas perfezionerà in quegli anni fino a raggiungere il massimo con il Jade di Friedkin.

Se Rob Cohen non avesse 66 anni, scavare troppo nel passato non avrebbe alcuna utilità, non solo perché “Il ragazzo della porta accanto” è ospitato nella casa di Jason Blum, ma anche per la tendenza industriale del cinema statunitense degli ultimi anni che fagocita e rilancia vecchi modelli come se fossero parte di un vasto archivio digitalizzato e organizzato per tipologie. È il problema che sta certamente alla base del nuovo Poltergeist, piccolo prodotto senza forza come spiegava bene Michele Faggi e che non si pone al centro di alcun dibattito teorico, se non appunto quello strettamente funzionale all’industria, nonostante l’imprimatur di Raimi, la cui produzione forse cerca di stabilire contatto con una nuova fandom, votandosi al contrario all’inerzia più spinta, come nel pessimo La casa affidato a Fede Alvarez.

Converrebbe allora parlare di Obsessed – Passione fatale, il film diretto nel 2009 da Steve Shill, regista televisivo e autore di un buon numero di episodi della serie Dexter, dove Beyonce si trova nella stessa situazione di Anne Archer nel film di Lyne, in un corpo a corpo che ribalta il gioco delle parti e che trova il suo culmine con una lotta furibonda sul parapetto di una rampa di scale.

Il film di Cohen, almeno nell’esasperazione pop è più vicino a quello di Shill, con una Jennifer Lopez incredibilmente ignorata dal marito (John Corbett) e il nuovo vicino di casa (Ryan Guzman), giovane “barely legal” che ossessionato dalla sensibile e sexy professoressa di letteratura, entra di prepotenza nella sua vita con un’ossessiva tattica seduttiva ai limiti dello stalking.

Va da se che Cohen non sia minimamente interessato a tirar fuori dai suoi attori malessere emotivo, ma neanche sangue sudore e secrezioni, basta pensare alle sequenze in cui la Lopez si specchia provando un nuovo completino intimo per raccontarsi e raccontarci che dietro i classici della letteratura pulsa ancora l’anima di una lady del ghetto; c’è più “scontro” ed energia nel “duetto” con Iggy Azalea (tra l’altro con un paio di citazioni tamarre dal cinema di Lyne) che durante gli amplessi con Guzman, il primo per lo meno funzionale a restituirci in termini visivi l’ossessività martellante del dispositivo techno / R’n’b commerciale come una questione di ritmo e di corpi.

Questo per dire che lo spostamento nell’ambito scolastico, con la relazione allievo/professoressa è una tiepidissima variazione sul tema senza forza e che uno specialista di b-movies come Cohen avrebbe potuto forzare in una direzione estrema e furiosa, raccontando la deriva violenta che nidifica proprio negli ambienti formativi, senza usare lo scudo protettivo del buon gusto.

A poco serve il tentativo di esasperare i toni attraverso una parte conclusiva ultra-gore con occhi che schizzano fuori dalle orbite e il mostruoso Guzman che non muore mai. Anche “I ragazzi della porta accanto” di Penelope Spheeris mettevano a ferro e fuoco la suburbia statunitense evidenziando il declino di un intero sistema sociale, ma più di figurine ritagliate su uno sfondo di genere, nei loro eccessi erano ancora anime dolenti.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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