Un mentore ma anche un uomo di potere dai pochi scrupoli: questo è Salvatore “Toti” Bellastella (Sergio Castellitto), giurista tra i più affermati sul suolo italico e per il quale ogni giovane avvocato sogna di lavorare nel suo prestigioso studio legale.
Tra i tanti anche il brillante Antonio Bonocore (Guglielmo Poggi), praticante dai concreti meriti che accetta, con buona dose di dubbi, di assecondare le richieste dell’esimio professore tanto da sposare l’amante di quest’ultimo per farle avere il permesso di soggiorno. Questo sarà solo il primo degli ostacoli che il ragazzo incontrerà sul suo cammino, preda delle beffe di Bellastella e della moglie Titti (Elena Sofia Ricci), reale proprietaria delle ricchezze sfoggiate dal marito.
Sceneggiatore di talento (Smetto quando voglio, Gianni e le donne), Valerio Attanasio firma il suo esordio nel lungometraggio con Il tuttofare, commedia brillante dal forte impianto pragmatico che spicca per la concretezza di un immaginario realistico, enfatizzato da un contesto piacevolmente comico e burlesco.
Ad alimentare la potenza dell’involucro è la pregnante catarsi che ogni giovane, nel bene e nel male, può riscontrare in esso: elemento su cui Attanasio fonda la sua opera, carica di umorismo e amara contemporaneità.
In un mondo in cui la gara per emergere nel ruolo desiderato è sempre più incessante e faticosa, la figura di un mentore si dispiega come asse portante di folgorante necessità e vitale valore. Cosa accade se questo esempio di rilievo si palesa come primo modello negativo e corrotto? La destabilizzazione di un sistema vizioso e marcio porta alla deriva Antonio, ormai perso nel tentativo di districarsi tra numerose situazioni “alterate”. Per un uomo potente come Bellastella e con una palese attitudine ad utilizzare sistematicamente la menzogna, l’assurdo può certamente rappresentare la norma, ma per un giovane l’impatto si rivela un sovvertimento totale del proprio sogno di meritocratico stampo.
Se Guglielmo Poggi incarna con buon merito il prototipo del giovane disorientato e vittima di uno sporco ingranaggio, perno di significativa memoria è Sergio Castellitto che interpreta in modo eccelso un personaggio carico di allegoria e simbolismo, accostandosi a magistrali ruoli come quello di Ugo Tognazzi nel capolavoro, a firma di Dino Risi, I mostri.
Metafora dei nostri giorni, la pellicola di Attanasio ci porta nuovamente a confrontarci con una riflessione che oggi più che mai dovremmo tenere in considerazione: l’importanza di un simbolo-guida, di un’immagine che ci conduca alla realizzazione delle nostre inclinazioni sulla via di una sincera qualità e sostanza. Un proposito capace di porre nuovo e profondo ordine ad un mondo devastato dalle ingerenze del clientelismo, ancora (purtroppo) lontano dal divenire.