La vita di Katja si infrange quando il marito, Nuri, e il figlioletto Rocco rimangono uccisi da una bomba scagliata durante un attentato.
I suoi amici e la famiglia cercano di supportarla e la donna in qualche modo affronta il lutto. Ma la ricerca dei responsabili e le ragioni dietro questo gesto insensato aprono nuovamente dubbi e ferite. Danilo, un avvocato e miglior amico di Nuri, rappresenta Katja nel processo contro due sospettati: una giovane coppia che frequenta il contesto neo-nazista. Il processo spinge Katja fino al limite, ma non ci sono troppe alternative e la donna è in cerca di giustizia.
Il regista turco Fatih Akin torna alla regia facendosi ispirare dai delitti perpetrati dalla Nationalsozialistischer Untergrund, nota come NSU, l’organizzazione neonazista che si rese responsabile di una serie di omicidi a sfondo razziale in Germania tra il 2000 e il 2007. Uno degli aspetti più gravi fu il concentrarsi delle indagini sulla comunità legata alle vittime, privilegiando la solita pista dello spaccio di droga e le connessioni legate al gioco d’azzardo. Una pressione così forte, alimentata dalla stampa dell’epoca, che cominciò a fomentare lo stesso sospetto popolare.
Ma Akin non è interessato al punto di vista degli assassini, con il personaggio di Katja punta a sondare un sentimento molto vicino a quello della vendetta, un sentimento che dovrebbe rimanere sempre sopito dentro di noi, ma che comincia ad emergere nei desideri della donna, attraverso la sua sete di giustizia. Katja è un alter-ego dello stesso Akin.
Il film sancisce la collaborazione con lo sceneggiatore Hark Bohm che è anche un avvocato, utile per il regista di origini turche nella supervisione di tutti gli aspetti processuali che vengono sfiorati nel film.
Il ruolo principale è interpretato da Diane Kruger che Akin ha incontrato per la prima volta a Cannes nel 2012, mentre stava presentando “Polluting Paradise”.
La direzione della fotografia è affidata a Rainer Klausmann che lavora con Akin da molti anni, mentre la colonna sonora è curata da Josh Homme dei Queens of the Stone Age. Akin ha ascoltato molti dischi della band quando scriveva la sceneggiatura di “in the fade” e lo spirito fatalista della loro musica lo ha convinto per quei suoni. L’idea iniziale era quella di utilizzare alcuni brani della band, ma quando Josh ha visto il montato finale si è deciso a lavorare alle musiche originali, anche se il tempo a disposizione era limitatissimo. Il risultato è quello di un thriller non convenzionale che integra la musica di Homme come elemento fondamentale per creare ritmo, tensione e senso di ineluttabilità