venerdì, Novembre 22, 2024

Io sto con la sposa di Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande, Khaled Soliman Al Nassiry: la recensione

Un poeta palestinese siriano e un giornalista italiano incontrano a Milano cinque connazionali sbarcati  a Lampedusa in fuga dalla guerra; decidono così di aiutarli a proseguire il loro viaggio clandestino verso la Svezia. Per evitare di essere arrestati come contrabbandieri mettono in scena un finto matrimonio coinvolgendo un’amica palestinese che si travestirà da sposa, e una decina di amici tra italiani e siriani che si travestiranno da invitati. Così mascherati, attraverseranno mezza Europa, in un viaggio di quattro giorni e tremila chilometri. Un viaggio carico di emozioni che oltre a raccontare le storie e i sogni dei cinque in fuga e dei loro speciali contrabbandieri, mostra un’Europa sconosciuta. Un’Europa transnazionale, solidale e goliardica che riesce a farsi beffe delle leggi e dei controlli della Fortezza con una mascherata incredibile, vero e proprio racconto in presa diretta di una storia realmente accaduta sulla strada da Milano a Stoccolma tra il 14 e il 18 novembre 2013.

Con questo coraggioso esperimento  Antonio Augugliaro, Gabriele del Grande e Khaled Soliman Al Nassiry hanno portato al recente Festival di Venezia nella sezione orizzonti “Io sto con la sposa”,  film girato durante il viaggio reale appena descritto, realizzato anche grazie ai 100.000 euro raccolti tramite crowdfunding.

Il documentario segue come si diceva l’andamento del viaggio dei protagonisti, accordandosi sui tempi della fuga tanto da rendere impossibile qualsiasi organizzazione pregressa del set, inclusa la preparazione delle luci e l’allestimento del profilmico. Tutto è in presa diretta, un’impellenza che determina anche il senso politico del film: urge un cambiamento nelle leggi di immigrazione e sulle cittadinanze, come è improrogabile il bisogno di mostrare al mondo cosa devono sopportare migliaia di persone che sono costrette ad abbandonare il proprio paese senza la certezza di rimanere in vita e di poter restare nel luogo di destinazione, che sia l’Italia, la Francia o la Germania.

L’obbiettivo dei protagonisti è la Svezia, paese con le leggi sull’immigrazione più avanzate e ci arriveranno grazie all’aiuto di un gruppo di uomini e donne italiane che rischieranno il carcere per i propri principi.

La caratteristica più interessante del film è proprio questa semplice attività di osservazione concepita in modo diretto e immersivo. I naufragi in barcone, la lotta per non morire annegati, i campi profughi nei quali si rischia la morte, i cadaveri che quasi soffocano chi si salva dall’annegamento, non vengono mai mostrati, ma l’indugiare sui volti di chi racconta queste esperienze, come Tasneem, Abdallah e Manar è sufficiente a comunicare in modo potente i loro sentimenti e quelli di tutti coloro che lottano con disperazione per una vita migliore.

“io sto con la sposa” è un film importante, proprio in virtù di questa semplicità non mediata, una trasparenza che mostra senza troppi fronzoli  una direzione possibile e necessaria per dare un deciso scossone all’asfittico panorama cinematografico italiano, non solo perchè questa è un’opera realizzata totalmente dal basso e fuori da qualsiasi criterio produttivo, politico, parrocchiale, ma perchè in modo deciso trasforma il racconto diretto, doloroso, vissuto in prima persona, in un momento di cinema politico “tangibile” fuori da qualsiasi pre-costruzione ideologica

Federico Salvetti
Federico Salvetti
Federico Salvetti studia Cinema al DAMS di Firenze. Appassionato di videomaking, gira cortometraggi con un collettivo di Lucca

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